Quella del venerdì di inizio novembre fu una “lunga notte”. La previsione era di un nubifragio e così fu. Cadde tanta pioggia, in particolare a monte, a cavallo fra la Romagna e il Mugello. Ci furono problemi seri a Palazzuolo con l’esondazione del fiume, la distruzione di infrastrutture e qualche casa allagata. Esondazioni anche a Riolo Terme con allagamenti e tanta rabbia per tanti cittadini. Il passaggio della cresta della fiumana non provocò danni alle rotte sistemate, ma non ancora consolidate, ma al prezzo di avere lasciato correre l’acqua in alcuni terreni di campagna.

A quasi due mesi di distanza da quell’ultimo evento, che ravvivò il clima di incertezza e di paura contro cui stiamo lottando, a che punto siamo? Mi riferisco al fiume Senio, il cui stato però non differisce sostanzialmente da quello degli altri fiumi.

I lavori sono continuati e si sono estesi lungo tutta l’asta fluviale.

Oggi abbiamo cantieri in pianura, a piè di monte e a monte. Questo ci conferma quanto già sapevamo: ogni fiume è un corpo unico e come tale va curato con una visione di bacino – che quindi comprenda affluenti e rii – , dalla sua sorgente alla foce. Il suo punto di maggiore debolezza, per tante ragione che abbiamo già illustrato, è costituito dal tratto che va dal Ponte del Castello, fin oltre Tebano. Quei sei chilometri e più di argine, formano la diga che deve proteggere il centro abitato e le aree produttive di Castel Bolognese. Quell’argine quindi deve “tenere”, al pari del resto.

Fino ad oggi sono stati fatti interventi importanti in corrispondenza delle rotte.

In quei punti l’argine è stato rinforzato, ingrossato, portato a livello, con materiali certamente adeguati come massi ciclopici, argilla e altro. L’alveo e gli argini sono stati puliti dalla vegetazione di troppo – anche se con modalità a volte discutibili – ma non ancora da tutti i detriti. Anche le sponde non sono ancora state completamente rifilate.

Ci sono quindi ancora lavori urgenti da finire per ripristinare la condizione precedente la catastrofe.

E anche questo però non basta. Quello che serve è che quel tratto di argine sia rafforzato per tutta la sua lunghezza. Ciò vuole dire che, tratto per tratto, deve essere rifatto. Deve essere smontato e rimontato. Fino a quando questa operazione non sarà compiuta Castel Bolognese e i comuni a valle saranno per nulla tranquilli. Non si può più aspettare. Occorrono subito nuovi cantieri e nuove disponibilità finanziarie a cui il Governo deve fare fronte con urgenza.

Poi il tema dei progetti speciali che debbono vedere la luce entro marzo prossimo.

Figliuolo, con i suoi poteri commissariali e la sua equipe di studiosi, dovrà dire dove fare passare l’acqua le volte che i fiumi non riusciranno a contenerla.

Cosa si dovrà fare oramai è chiaro.

Il lavoro degli studiosi di rango nazionale promosso dalla Regione ha fornito un contributo decisivo. Si parla di bacini in montagna e collina, di casse di espansione e di casse di laminazione a piè di collina e in pianura, di aree allagabili controllate, se ce ne fosse bisogno. Si afferma che il fiume va visto come un tutt’uno, dalla sorgente alla foce e che la programmazione e la manutenzione vanno  viste a livello di bacino idrografico. Si dice che la vegetazione va controllata perchè svolge una funzione plurima e importante: desertificare il fiume è un errore madornale da non compiere.

Tornando al Senio e al suo tratto dalla via Emilia a oltre Tebano, resta il tema del suo rango che deve essere elevato al pari dell’argine di pianura.

Oramai la scelte sembra siano state fatte. La manutenzione in futuro sarà a carico della Regione. Il lavoro che deve ancora essere fatto ci darà la garanzia che così effettivamente sarà. Se la strada è quella è ora che la Regione e le strutture deputate comincino a prendere decisioni. Ad esempio: cosa si potrà o non si potrà fare nelle golene (orti, frutteti, potranno ancora essere coltivati?). Ai piedi dell’argine ci dovrà essere un’area di rispetto o si potrà ancora coltivare fino a ridosso e casomai, tramutare gli argini in discariche, come spesso abbiamo documentato e segnalato?

Infine il parco fluviale e la ciclovia anch’esse semi distrutte dalla catastrofe.

Quella era un’opera pubblica che veniva usufruita da migliaia di cittadini. Guardava alla qualità della vita e al benessere fisico delle persone. Era quindi un’opera di primaria importanza, al pari delle altre. Non se ne è ancora parlato, ma crediamo sia fuori di dubbio che, nei tempi necessari e con modalità da mettere a fuoco, quell’opera debba tornare a vivere.

Queste foto, scattate dopo l’1 dicembre, ci parlano del lavoro fatto e del tanto che resta da fare.

 

 

Ecco il programma ufficiale della visita dei familiari del pilota americano Victor Phelps al luogo ove cadde l’aereo del loro congiunto. Prevede queste iniziative.

SABATO 29 APRILE

Cerimonia ufficiale.

Al mattino alle ore 10, presso la sala del Consiglio del comune di Castel Bolognese, incontro ufficiale delle due Amministrazioni comunali con Norma Sue Stephenson, vedova dell’aviatore americano Victor L. Phelps che con il suo areo cadde nei pressi del fiume Senio nell’autunno del 1944.

Il programma è il seguente:

Saluti introduttivi del Sindaco di Castel Bolognese e del Sindaco di Solarolo.

Interventi di: Andrea Soglia – esperto di storia locale; Andrea Raccagni e Enzo Lanconelli – Associazione Aerei Perduti (Romagna e Polesine); Marco Dalmonte – Associazione Senio River 1944 – 1945; Enzo Casadio – collaboratore Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Ravenna e provincia.

Verrà consegnata alla signora Stephenson una targa celebrativa di ceramica (da parte delle Amministrazioni) e un quadretto con alcuni frammenti del P-47 Thunderbolt del pilota Phelps ritrovati alcuni decenni fa col metaldetector e corredato con una foto dell’aereo stesso fatta all’epoca dal dr. Arturo Frontali e con la dicitura in lingua inglese (da parte dell’associazione Aerei Perduti).

Cena insieme.

La sera alle ore 19, presso la sala Arci – via Emilia Interna 137 Castel Bolognese – salutiamo gli ospiti americani in visita con CENA INSIEME.

Metteremo in tavola: Tagliatelle al ragù (fatte in casa), misto di salumi affettati e formaggi con piadina e contorni, insalata con erbe del Senio, dolci di casa, vini dei nostri contadini.

Chiederemo un contributo di 18 euro per autofinanziare l’evento visita (anche con Satispay, cercando in Negozi: Amici del fiume Senio)

Prenotazione entro giovedì 27 aprile a:

mail amicifiumesenio@gmail.com; Domenico cell 340 0532380; Sandra (Anpi Solarolo) cell 3311380583; Lucio (Anpi Castel Bolognese) cell 3311050395

DOMENICA 30 APRILE

Cerimonia sul campo.

Camminata nel Senio della memoria. Da Castel bolognese e da Solarolo, ci incontriamo al passo di Lungaia con Norma Stephenson, vedova di Victor Phelps, nel luogo dove il soldato americano cadde con l’aereo durante la guerra.

Partenza a piedi (o in bici):

  • da Castel Bolognese – ore 14,30 da piazza Bernardi (Ponte del Castello, argine e ritorno per le vie Rezza e Casanola. A e R circa 10 km).
  • da Solarolo – ore 14,45 dal Ponte di Felisio, parcheggio presso la chiesa) (argine fino al luogo dell’incontro con i castellani. A e R circa 10 km).

Sul luogo ricorderemo l’evento bellico, presenti le Autorità. Suonerà la Banda. Al tavolo delle Associazioni, offriremo un piccolo ristoro. Chiederemo un contributo volontario per concorrere alle spese dell’iniziativa.

È gradita la prenotazione:

Il percorso non presenta difficoltà, tuttavia occorre essere in buona salute. Si consiglia di calzare pedule antiscivolo e di portare con se una modesta riserva di acqua da bere. Occorre procedere in gruppo. I minori dovranno essere accompagnati.

Crediamo che l’evento in se sia di elevato significato morale e di ampio interesse e vada quindi oltre la portata delle Associazioni e delle persone che l’hanno determinato e promosso. Confidiamo pertanto in una risposta corale del mondo istituzionale, associativo di ogni settore e di tutta la popolazione.

Cari concittadini, confidiamo di vedervi in tanti alle varie iniziative e che molti di voi partecipino alle varie forme della loro non semplice gestione. Vi aspettiamo.

 

 

Scade oggi, 31 luglio, il termine per spedire (consegnare) I racconti del Senio. Dalla prossima settimana la giuria, composta da tre docenti, inizierà la valutazione dei lavori per stilare la classifica. Presumibilmente la giuria lavorerà l’intero mese di agosto. Ad inizio settembre conosceremo la classifica dei Racconti premiati ed entro lo stesso mese avverrà la cerimonia di premiazione.

Riparte l’Arena delle balle di paglia di Cotignola, nostri gemelli di fiume. Notizie dal sito http://www.primolacotignola.it/articolo.asp?p=1105

Ripartiamo da zero, con i riti dell’estate e dodici anni di balle sulle spalle.
Siamo appena sbarcati sul pianeta delle balle, ci potete spiegare cosa è successo?

Artisti, costruttori di capanne, inventori di pensieri, cantanti, musicisti, attori, venditori di fumo, artigiani, raccontatori, contadini, musei segreti, speranze, stagni, raccoglitori di grano.
Nuovo anno zero di un’avventura poetica di fiume e di campagna fabbricata in Romagna.

Prevendita, prenotazione e info:
– 333 418 3149 (dalle 16 alle 19);
– arenadelleballedipaglia@gmail.com;
Cercare Fuori dalle balle sul sito: https://oooh.events

Giovedì 29 luglio
Ore 21 Villamara Drive-In
Un drive-in con trattore, surrealista, che parte da “C’è vita nel Grande Nulla Agricolo?”
Un podcast dal vivo con video-animazioni.
Tra i classici del cinema horror e di fantascienza, radiodrammi di sagre dei morti viventi, galline giganti e cocomeri venuti dallo spazio.
Voce Nicolò Valandro. Synt: Leonardo Passanti. Chitarra Jacopo Morolli. Video: Gianluca Dario Rota. Animazione: Federica Carioli

Ore 22 Dallalicious
Un’autobiografia rap sulle note di Lucio Dalla, portata sulla paglia da Max Penombra & Dj Nersone

Venerdì 30 Luglio
Ore 21 Concerto Indianizer
Dal sudamerica al medioriente fino all’indocina, Indianizer è un viaggio intorno al mondo, fatto di ritmi tropicali, voli psichedelici e visioni ancestrali. Basta slacciare le cinture, dimenticare il salvagente e tuffarsi nell’universo tropical-beat del quartetto torinese.

Ore 22 Concerto degli Uhuru Republic
con la realizzazione di un’opera in live painting degli artisti visivi Nicola Alessandrini e Lisa Gelli.
Uno straordinario progetto di artisti italiani e africani. Una tournée nata in Tanzania e proseguita in Italia e Kenya. Un connubio tra musica elettronica e musica afro. Il termine Uhuru, che dà il nome al progetto, indica la cima del Kilimangiaro ma soprattutto significa, in Swahili (lingua nazionale della Tanzania), libertà e conoscenza.

Sabato 31 luglio
Ore 20.45 Duo Bucolico
Il Duo Bucolico sono i cantautori romagnoli Antonio Ramberti e Daniele Maggioli. Dal 2005 scrivono brani, improvvisano vaniloqui poetici e diffondono in ogni dove il loro cantautorato Illogico d’avanguardia.

Ore 21.45 Spettacolo di Jacopo Fo nel nuovo: “Sesso Zen Remix”, dove l’artista ci parla di amore e sesso, sesso e amore, di rapporti tra uomo e donna e di soluzioni e di problemi, consapevole che non ci possono essere soluzioni senza problemi.

1 agosto
ore 21 “L’arte del Selfie del Medioevo” di Giovanni Succi
“Rime Petrose” di Dante in un racconto intenso e a tratti spiazzante che ci fa incontrare un Sommo Poeta al di là di ogni stereotipo. Un racconto a braccio, di sola voce e chitarra acustica, informale, ironico e rilassato ma storicamente fondato. Si alternano canzoni e storie di un Dante alle prese con l’amore sensuale e carnale. Un Dante vivo nella vita reale del suo tempo.

Ore 22.30 Muvic
Le performance di Muvic (Andrea Lepri e Paolo Baldini) sono un’interazione tra musica e films, dove il re-sampling audio e la manipolazione delle immagini seguono una nuova struttura sonora. La fusione è un caos organico, imprevedibile, con un singolare sapore oscuro e psichedelico, diversamente ballabile. Per l’Arena eseguirà una sonorizzazione Live di Olympia di Leni Riefenstahl, pilotata da Susanna Innella.

Arena ed. 2021

La nostra associazione ha potuto fare ciò che ha fatto in questi anni, grazie anche a persone come queste. Pietro Bertini è un socio della prima ora di Alfonsine. Una persona anziana, schiva, istruita, lucida, appassionata della sua terra e del suo fiume. Appena partiti invitò Mario e me a casa sua per aiutarci a trovare la via della valorizzazione del Senio. Un lungo confronto e la promessa che ci avrebbe seguiti sempre, con attenzione.

Spesso sono giunti i suoi suggerimenti e le sue osservazioni. E ogni anno una letterina con dentro i 5 euro per l’iscrizione agli Amici del Senio. Quest’anno ha messo nella busta anche un articolo – struggente – di anni fa di un altro Amico del Senio, un mio caro compagno, che ci parla della miseria di un tempo dura a morire attorno al Senio.

Grazie Pietro per il tuo esempio, che vale come tanti libri scritti. A presto.

La morte di don Gigino Savorani ci fa interrogare circa la sorte della chiesa di Tebano. Ricordo che quando pochi mesi fa organizzammo alcune iniziative col supporto degli spazi della chiesa e la particolare collaborazione di alcuni tebanesi, don Gigino, felice, mi disse: ” Senio – così mi chiamava -, sono contento perchè così serviamo a qualcosa”. Il suo dire lasciava trasparire la preoccupazione per la sorte della chiesa – tante se ne chiudono – e al tempo stesso l’aspirazione a continuare la loro funzione di aggregazione.

Tebano è una piccola località che merita attenzione e cura.

C’è una storia non comune ben riassunta dal libro di Patrizia Capitanio TEBANO Una piccola località delle colline faentine, viva oggi come ieri , un contesto ambientale e un paesaggio di pregio, un’aggregazione di interessi che guarda al futuro. Pensiamo al Polo tecnologico, all’azienda “C.Naldi”, al Corso di Laurea in Viticoltura ed Enologia dell’Università di Bologna, alla ristrutturazione dell’attuale immobile in chiave “green” con una architettura integrata al territorio, ad alcune innovative iniziative nel privato agricolo che fondano le radici nella funzione che il comune di Faenza volle dare a quel luogo.

Poi c’è la chiesa di Santa Caterina, oggi Santuario mariano diocesano. Una chiesa che col tempo, oltre agli aspetti devozionali propri, è diventata un piccolo museo, scrigno di opere d’arte, particolarmente grazie alle donazioni della famiglia Biancini di Castel Bolognese, riferite allo scultore castellano e faentino Angelo Biancini.

Opera di Angelo Biancini

A questo aggiungiamo il lavoro svolto nell’ultimo decennio dagli Amici del Senio.

Associazione che, lavorando per la valorizzazione del Senio, trovando in questo luogo la solida sponda di persone attente – ricordo per tutte Laura Montanari – hanno messo in campo iniziative culturali che hanno creato partecipazione e interesse. Tanto che oggi Tebano può ben essere definito a buona ragione, l’ombelico del Senio.

Dalle cose dette credo si possa ricavare l’idea che il valore di Tebano è consistito dal fatto che tutto si tiene. Una parte fondamentale del tutto è la Chiesa, con la sua storia, i sui spazi, le sue pertinenze. Questo fa dire alle persone attente a questa località che quella chiesa non solo, va mantenuta alla sua funzione spirituale e di fede, ma deve disporsi sempre più verso una funzione di aggregazione sociale del territorio circostante.

In tanti ci chiediamo, ad esempio, a chi possa essere utile il tanto spazio della canonica. Avanzo alcune ipotesi, se possono interessare. Potrebbe essere trasformato in una foresteria al servizio degli studenti universitari. Potrebbe condividere spazi col mondo associativo: in questo contesto potrebbe trovare una utile collocazione l’Associazione degli Amici del Senio che a Tebano sviluppano parte importante del loro impegno. Potrebbe diventare quella la sede del primo Info point della vallata del Senio?

Opera dell’orafo Gaetano Marzocchi

Attorno a Tebano – località geograficamente a scavalco fra i comuni di Faenza e Castel Bolognese, il che gli conferisce ancora maggiore importanza – stanno accadendo cose positive.

Ricordo l’impegno del comune di Faenza ad investire sul green nel posto; noto con piacere che l’Unione dei comuni sta istallando un adeguato servizio di tele-video sorveglianza; è oramai certo che saranno completati i lavori delle casse di espansione del Senio con la probabilità che attorno ad esse sorga un’area naturalistica al servizio dei cittadini.

Altre cose positive, oramai mature, potrebbero accadere, a partire dalla valorizzazione dell’area della storica diga steccaia leonardesca e della presa del Canale dei mulini. Fino all’idea di un progetto per piantare alberi per ricordare nel limite del possibile la realtà della storica foresta planiziale di Tebano e a quella di valorizzare i colori della valle con alcune iniziative specifiche che prima di divulgarle, vorremmo fossero oggetto di una comune valutazione con la Presidenza dell’Unione dei comuni della Romagna faentina. Incontro e confronto che speriamo possa avvenire quanto prima.

Un caro Amico del Senio, Marcello Riccardo Bezzi, ci ha inviato alcune notizie relative a mulini storici del Senio e del canale dei Mulini. Da oggi iniziamo la pubblicazione di queste brevi note con l’intento di costruire una mappa dei mulini del Senio e dei canali che da esso prendono (esempio, canale dei Mulini) o hanno preso vita (esempio, canale di Cotignola).

Il molino di Cuffiano ebbe origine nel 1438 con il nome di Molino di Marcazzo, poi Molino di Savurano e più tardi Molino dei conti Naldi. Da ultimo Molino di Fantaguzzi.
Ha cessato la sua attività nel 1970.

Oggi il molino Fantaguzzi è in totale stato di abbandono così come le grandi case che ha attorno. Ne abbiamo parlato e lo abbiamo documentato con foto anche in questo articolo Casse di espansione in stato di abbandono.

Forse però non tutto è perduto se, come proponiamo, la zona delle casse di espansione – dove il Molino è presente – potrà essere riconosciuta come area naturalistica di interesse e di uso pubblico.

Va anche detto che il molino di Fantaguzzi è stato inserito dall’Amministrazione comunale di Riolo Terme lungo il Percorso della memoria col quale si vogliono ricordare le “127 giornate di Riolo”. Quelle che, dal 5 dicembre “44 al 11 aprile “45, segnarono per Riolo la linea del fronte della Linea Gotica. Il molino Fantaguzzi fu il primo obbiettivo militare conquistato dalla Brigata Ebraica dopo la sua formazione. Proseguendo, liberò Cuffiano, salì sul monte Ghebbio, liberò la Serra di Castel Bolognese e proseguì verso Imola.

Proporremo all’Amministrazione comunale di Riolo Terme di collocare presso il molino una targa che ricordi il manufatto.

Per visitare il rudere, provenendo da Castel Bolognese, si scende a sinistra lungo lo stradello che si stacca dalla rotonda di Cuffiano posta sulla provinciale Riolese-Casolana. Giunti al cartello che indica i lavori delle Casse di espansione del Senio, a sinistra è visibile il rudere del mulino, oltre ad una grande casa colonica con pertinenze e un grande silos.

Foto: pervenute da Marcello Riccardo Bezzi.

 

La settimane scorsa, assieme a Franco Billi, abbiamo intervistato Pietro Lombardi ed Eva Natalina Cavini. Marito e moglie, Pietro ha 89 anni ed Eva ne ha 90. Sono sposati dal 1954.

Pietro ed Eva sono stati gli ultimi mugnai del molino di Quadalto; molino che ha cessato la propria attività alla fine degli anni cinquanta. Per molte generazioni, si pensa per secoli, questo molino, così come tutti quelli della zona, sono stati gestiti dalla famiglia Lombardi. Dopo la chiusura del mulino, Pietro ha fatto il muratore.

La chiacchierata ha ruotato attorno al Monastero delle suore Francescane Ancelle di Maria, contiguo al Santuario della Madonna delle Nevi, di cui facevano parte lavatoio e cantina, alle suore e al molino. Abbiamo parlato anche della guerra.

Il Monastero che ha vissuto di luce propria per secoli, oggi è trasformato in una foresteria. Profondamente ristrutturato, con ingenti risorse, le suore, assieme ad altre attività, gestiscono una trentina di camere a disposizione dei viandanti.

Il lavatoio era delle suore e del Monastero. Diverse persone andavano ad aiutare, fra queste Pietro e la sua famiglia. Quando avevano bisogno chiamavano da lontano (non uscivano). Oppure suonavano una campanella posta nel molino per mezzo di una cordicella che usciva dal convento.

Durante la guerra il convento ospitò l’Ospedale di Palazzuolo, poi anche quello di Marradi, dopo il suo danneggiamento.

Nel luglio del ’44, dopo un furioso bombardamento alleato con molte vittime, vi fu una rappresaglia dei tedeschi di due giorni con 44 vittime civili. Il primo giorno operarono nel marradese, il secondo si spinsero verso Fantino, fino a Palazzuolo. L’ultimo civile fu ucciso a Campergozzole nell’aia della sua casa. Gli spararono dal poggio sopra la chiesa di Lozzole.

Nella zona, c’era un capanno da caccia con un partigiano lasciato lì dentro perchè ferito. Mentre un tedesco si avvicinava fu richiamato dai suoi e fu così che quel partigiano salvò la pelle (venne poi evacuato dai suoi il giorno dopo).

Pietro narra che fra molino ed ospedale, tedeschi o i partigiani erano sempre fra i piedi per i primari obbiettivi di cibarsi e di curarsi.

Per la famiglia la paura era tanta, sapendo che se i tedeschi vedevano un partigiano potevano andarci di mezzo anche loro. Potevano essere uccisi. Per cui si aveva paura sia dei tedeschi che dei partigiani.

Pietro, allora tredicenne, rammenta che, assieme al fratello, spesso andava su con i muli fino al comando partigiano della Brigata Garibaldi di Cà di Vestro per portare la farina. Ricevendo in cambio la testa di una mucca. Quelle mucche che venivano prese ai contadini, a partire da quelli ritenuti fascisti.

Mulino e Monastero, per via dell’Ospedale che ospitava, erano continuo crocevia di passaggio fra tedeschi e partigiani, quindi fonte di continua preoccupazione per chi abitava nel luogo. Dal racconto di Pietro si capisce come l’Ospedale fosse però una sorta di zona franca dove partigiani e tedeschi si potevano incontrare senza belligerare.

Pietro racconta di quanto una mattina il professor De Pasquale fosse stato prelevato dai partigiani per andare in qualche luogo e della preoccupazione delle suore per il suo ritardare. Poi lo riportarono. Spesso i partigiani portavano con la somara feriti nell’Ospedale e si fermavano al Molino ad aspettare.

Nel 1954 Pietro sposa Eva che quindi si trasferisce a Quadalto. Anche Eva aiuta le suore nel lavatoio.

Come funzionava il lavatoio?

Si portava a bollore l’acqua, che proveniva dal molino, facendo fuoco sotto al paiolo nella “fornacella”. Di fianco, in una grande vasca venivano stesi uno sull’altro i lenzuoli. Sopra veniva posto un panno e sopra ancora la cenere. Poi si buttava l’acqua, ne servivano almeno tre paioli. L’acqua recuperava dalla cenere le sostanze detergenti e filtrando i lenzuoli li pulivano. Compiuto il suo giro l’acqua usciva dal fondo della vasca (come il mosto dal tino). Veniva raccolta, ancora riscaldata e rimessa in circolo. Più acqua si passava sui lenzuoli e più questa era calda, i panni venivano puliti meglio. Pietro soleva fare passare molta acqua e ben calda. Quando la gente vedeva il bucato molto bianco diceva che quello era il bucato di Pietro.

Il bucato dormiva nella vasca per tutta la notte. Al mattino del giorno dopo, veniva tolta la cenere, il panno e i lenzuoli gettati prima in una poi in una seconda vasca per essere sciacquati.

L’acqua recuperata durante la notte, si chiamava “ranno”, veniva riusata per lavare i panni scuri, riposti in una ulteriore vasca.

Eva ricorda quando, da ragazza, andava al fiume per lavare sul sasso i panni scuri col ranno – nelle famiglie contadine il procedimento e i mezzi erano diversi – e come questo gli “scorticava” le mani.

Pietro ed Eva ricordano che la cenere, occorrendone tanta, veniva raccolta dai contadini di tutto il paese che la tenevano da parte in appositi cassoni.

Pietro cessa l’attività del mulino alla fine degli anni cinquanta, La lavanderia continua ancora per qualche anno, lavorando solo la domenica, poi si ferma anch’essa. Arriva la corrente elettrica.

Gli ultimi ricordi di Pietro ed Eva sono per le suore e il Monastero.

Pietro dice che allora erano suore da “cerca”. Sostenevano loro e la loro missione “cercando” dai contadini. In particolare l’uva verso la valle del Senio, fino a Rivola e il vino nella parte della Toscana. Pietro ricorda i grandi tini – tre – posti nella cantina del Monastero e la pigiatura fatta con i piedi. Il vino non era venduto: era per le suore e per i viandanti che spesso bussavano al Monastero. Essi venivano serviti per mezzo dell’azionamento di una “ruota” collocata a fianco della porta di ingresso.

L’incontro si chiude con una discussione sui dialetti. Franco che mi ha accompagnato nella visita e che proviene da Marradi, dice che non capisce – o poco – il mio dialetto, mentre Pietro lo comprende meglio.

La cosa certa è che Pietro ed Eva, vissuti da sempre a Palazzuolo sul Senio, parlano un dialetto totalmente montanaro-romagnolo. Senza nessuna inflessione toscana.

Anche questo spiega di quanto sia forzata la permanenza di Palazzuolo sul Senio – fino a pochi decenni fa – Palazzuolo di Romagna, nella regione Toscana. Ma questa è un’altra storia.

Concludo questo racconto con un pensiero per Pietro ed Eva. Per dire che sono ai miei occhi persone veramente straordinarie. Hanno novant’anni, sono sposati da sessantasei, sono in buona salute. Hanno percorso una lunga vita di sacrifici e di fatica, sono passati attraverso una feroce guerra che li ha coinvolti. Hanno vissuto le profonde trasformazioni sociali, che hanno totalmente cambiato la vita delle persone, proprie dell’ultimo secolo. Ma Eva e Pietro non hanno perso il sorriso, sono persone serene. Colpisce il loro rapporto, come si parlano e si rispettano – se uno interrompe, l’altro tace. Quello che però maggiormente rimane impresso è la dolcezza dell’espressione dei loro volti, particolarmente di Eva. Sembrano persone uscite dalla tavolozza di Leonardo o di Raffaello, oppure da un set cinematografico.

Invece sono persone vere, dei nostri tempi tumultuosi, capaci però di illuminare come fari le tenebre che ci avvolgono. Persone commoventi, a cui dobbiamo rispetto e riconoscenza. Lunga e buona vita ad Eva e Pietro di Quadalto sul Senio.

 

Tutto pronto a Palazzuolo sul Senio per le nostre iniziative del 5 settembre. Sarà un fine settimana assolato e luminoso, e questo non guasta.

Lo scorso wend siamo stati su, abbiamo incontrato i nostri collaboratori locali amici del Senio e messo a punto gli aspetti organizzativi. Il programma è confermato in ogni particolare: la Camminata del mattino, il pranzo all’Europa, la visita ai due Musei locali e la serata nella Piazza del Crocifisso.

Ancora una volta abbiamo riscontrato la sensibilità e la simpatia dei palazzuolesi. E sopratutto il loro spirito collaborativo. Dagli amministratori comunali, a coloro che dovranno guidarci nelle visite, a chi ci aiuterà nella gestione organizzativa, a Gipo che ci ricorderà Luciano Ridolfi, un cittadino che ha collaborato con gli Amici del Senio e che ci ha lasciato un grande ricordo.

La serata sarà arricchita dalla presenza di Marta Celli, apprezzata musicista che si esibirà in diversi momenti con la sua arpa celtica. Avremo così modo di apprezzare l’acustica della piccola piazza ovale. Questo intervento musicale vuole essere un nostro omaggio a Palazzuolo, ai suoi abitanti e agli ospiti.

Proietteremo una breve clip su un appassionato e partecipato incontro “alla ricerca della sorgente del Senio”. Ascolteremo gli impegni dell’Amministrazione per la valorizzazione del nostro fiume. Infine potremo ammirare la vista di 80 belle fotografie, fra le quali alcune bellissime scattate col drone.

Vi aspettiamo in tanti. Vi ricordiamo il rispetto delle norme anti – Covid (obbligo della mascherina, distanziamento) e la prenotazione obbligatoria per le iniziative del mattino e pomeriggio e per il pranzo.

Questo il programma completo della giornata (in fondo dove prenotare).

 

 

 

 

 

 

Carlo Bonfiglioli, un nostro caro amico, un amico del Senio di Solarolo, ricorda il due agosto di 40 anni fa. Carlo quel giorno, alle 10,15 era nella stazione di Bologna, da dove partì qualche minuto dopo.

“Buon 2 Agosto…ogni anno il mio pensiero va alla stazione di Bologna, quando 40 anni fa partii alle 10.15 sul treno diretto ad Ancona, l’ultimo che partì prima dello scoppio della bomba. Ricordo che tutti gli orari dei treni erano saltati, c’era tanta gente in fila alla biglietteria, l’atrio pieno, moltissimi giovani seduti sugli zaini nel sottopasso, alcuni suonavano le chitarre ed io ci passai tre volte prima della partenza…non era giunta la mia ora!

Perché tutto questo? Perché le vittime, i lavoratori, le persone che andavano in vacanza o ritornavano a casa, col mezzo più popolare ed economico? Quale rabbia ed odio sociale nei loro confronti può aver pensato di colpire proprio loro, che ruolo politico potevano avere per sacrificarle ad un fine così disumano e spaventoso? Chi ha armato i portatori di morte, giovani vigliacchi dall’inconsulto odio verso il popolo, verso una città ben organizzata e gestita con tanti provvedimenti sociali nel panorama italiano?

Ha vinto la teoria del “meglio il peggio” per spaventare e ricreare sulla paura una società basata sul terrore, sul ritorno ad un regime reazionario che imponga con la violenza di pochi sui molti. È 40 anni che mi pongo, ma si pone la città intera e tutta l’Italia queste domande…ci sarà una risposta che possa onorare le vittime, i feriti e le loro famiglie?!”

Ndr. Le parole di Carlo così forti e scolpite nella memoria del tempo, ci chiamano a riflettere su uno degli episodi più gravi della storia della nostra Repubblica. Fu una strage “nera”, una strage dell’odio contro il Popolo che cercava nuovi orizzonti di pace, progresso e libertà. Di quella strage non tutto è ancora chiaro. Rimangono nella nebbia i mandanti, ma l’ultima coltre deve alzarsi. E solo allora quelle 85 vittime innocenti potranno avere pace.