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Per la prima volta ci capita di presentare il libro E la vita scorre sul fiume, racconti dalle rive del Senio in una piazza. Lo dobbiamo al comune di Castel Bolognese che ha pensato di inserire l’evento nel programma della manifestazioni culturali estive SERE D’ESTATE. Per questo, grazie.

Il libro, promosso dall’Associazione Amici del fiume del Senio ed edito da Il Ponte Vecchio di Cesena, racconta nella sostanza la vita raccolta attorno allo storico fiume nel corso dell’ultimo secolo. Fino a quando esso è scorso in simbiosi con la popolazione che gli viveva intorno. Direi fino alla fine degli anni settanta del secolo passato, quando lo sviluppo industriale mutò le esigenze e gli interessi della popolazione. Periodo purtroppo col quale coincise un allentamento della cura del fiume da parte delle Autorità.

I racconti contenuti nel libro ci parlano della convivenza con qualcosa di cui si aveva paura e verso cui, allo stesso tempo, si nutriva affetto per quanto offriva alla vita, spesso grama, degli abitanti della valle. Sono poi numerosi i racconti che ci parlano del dramma della guerra vissuta attorno agli argine del Senio. Racconti che i nonni sapranno leggere ai loro nipoti con l’arte della saggezza che loro non manca.

Fanno parte della raccolta sei poesie dialettali, con a fianco la traduzione in italiano, e il racconto di due episodi recenti che hanno visto protagonista il nostro fiume: la visita di una nonna americana, Norma Stephenson, che a 95 anni ha compiuto pochi giorni prima dell’alluvione al punto sul Senio in cui cadde durante la guerra l’aereo di suo marito e la dura cronaca del dramma vissuto da una famiglia castellana coinvolta dalle catastrofi del maggio dello scorso anno.

Leggendo il libro noterete come esso parli un linguaggio a noi popolani molto conosciuto. Questo lo si deve alla scelta dei curatori di rispettare lo stile degli autori i quali, a volte, non essendo tutti fini letterati hanno teso italianizzare alcune espressioni dialettali, ma non a discapito della comprensione dei testi.

 

 

Ieri a Tebano è partito il laboratorio per la Rivoluzione dei matti. Cerchiamo di formare artisti di land art per abbellire il nostro fiume dalla sorgente alla foce e sostenere anche per questa via l’idea della mobilità dolce (ciclovia) lungo il Senio. L’artista argentino Oscar Dominguez, che guida il laboratorio, dopo l’introduzione, ha partecipato al lavoro e questo è stato davvero bello.

Raccolta canne, pulitura e avvio dell’opera. Ma quale opera? Lo vedremo ad Acque e Miracoli a Tebano dei prossimi 3 e 4 luglio, anteprima dell’Arena della balle di Paglia di Cotignola.

Prossima tappa del laboratorio di Tebano, sabato 18 maggio. Poi il laboratorio a Cotignola all’Arena delle balle (potete ancora iscrivervi). Info 3400532380 (Domenico).

 

Dopo oltre tre mesi dalle rotte dei 23 fiumi emiliano-romagnoli, quando il dramma emotivo è stato dai più razionalizzato, nel momento in cui i lavori di ripristino sono stati avviati, è il caso di riprendere un argomento su cui molte persone hanno banalizzato in modo improprio, causando, fra altro, danno alla civica educazione. Avere affermato che i fiumi non sono “corridoi ecologici” è equivalso a dire una bugia. Si è così compiuta un’opera diseducativa, particolarmente verso i giovani che, di questi tempi, hanno il dovere di essere educati correttamente alle tematiche ambientali. L’affermazione è ancora più grave se a gridarla ai quattro venti, usando il megafono di organi di informazione compiacenti, sono persone di governo e amministratori influenti, come purtroppo è accaduto.

Cos’è un corridoio ecologico? E’ un elemento del territorio che unisce due o più habitat naturali. Una sorta di canale utile allo spostamento di animali, di semi delle piante e di spore fra zone diverse, consentendo così lo scambio genetico tra le popolazioni. Perchè un fiume è un corridoio ecologico? Perchè unisce territori ad alto tasso di naturalità – quindi ricchi di biodiversità – come la montagna, a territori fortemente antropizzati – dove la biodiversità è stata fortemente abbattuta – come quelli di pianura (planiziali) che vengono così rinaturalizzati.

I fiumi sono corridoi ecologici perfetti potendo offrire alla fauna  nella sua vegetazione ripariale e golenale, protezione, acqua e cibo, quindi possibilità di sostentamento, di riparo e di spostamento, finendo così per entrare nella catena alimentare come prede o predatori di altre specie.
Anche le piante beneficiano del fiume, potendo contare su una migliore dispersione del proprio seme grazie all’acqua, al vento e agli stessi animali, trovando la possibilità di colonizzare nuovi ambienti e favorendo quindi la presenza di insetti e dei loro predatori.

Naturalmente, solo gli stolti possono pensare che il fiume possa essere un bosco incolto e solo biodiversità. Tutti sanno che il compito dei fiumi è portare l’acqua al mare in modo ordinato e per quanto possibile sicuro, proteggendo le città, le aree produttive e la campagna. Fa parte di un equilibrio fra vita e natura che l’uomo ha realizzato nei secoli che va mantenuto e migliorato. Sapendo però che il fiume è una figura complessa con funzioni molteplici. Una di queste è la tutela della biodiversità. Sicurezza e biodiversità devono trovare il giusto punto di equilibrio.

I lavori per mettere in sicurezza i nostri fiumi sono appena partiti. Sono in ritardo perchè mancano i finanziamenti, ma manca anche una adeguata progettazione dovuta, oltre che alla carenza di soldi, al depauperamento che si è fatto nei decenni scorsi del personale negli uffici preposti. Si nota qua e la qualche esempio di quella che impropriamente viene chiamata “pulizia” quando invece sarà necessario parlare di gestione dei fiumi, ben sapendo che si tratta di figura complessa, dalle diverse funzioni e che tutto deve tenersi.

I fiumi sono luoghi dove la ruota della biodiversità – fondamentale per la vita del pianeta – è in continuo movimento ed è per questo che è necessario battersi perchè la loro naturalità sia preservata nell’interesse di noi tutti.

Dalla lettura dei tanti resoconti che si fanno dei vari incontri con il commissario straordinario Figliuolo e col presidente Bonaccini le parole ecologia e biodiversità non vengono mai citate. Da nessuno. Si potevano capire la fase iniziale dopo la tragedia, lo sconforto che ha regnato, le preoccupazioni primordiali della popolazione. Ma adesso che è giunto il tempo della riflessione e della riprogettazione del futuro dei nostri fiumi, è arrivato il momento di recuperare il tema dell’ecologia legata ad essi.

Qualcuno dirà: ma tu che ne sai? Ho letto. Da tempo leggo i temi ambientali. In questo caso ho approfondito l’argomento su documenti dell’ISPRA, organo tecnico-scientifico del ministero dell’Ambiente. Una fonte governativa.

Ancora rifiuti nel Senio. Sono stati versati – a Castel Bolognese – proprio nel punto dove inizia il sentiero della Legalità. Non si sa se sia un caso o una sfida. Sta di fatto che occorre parlarne e reagire. Non può essere che talune persone, pigre tanto da non voler fare la raccolta differenziata, spargono i rifiuti nel territorio, fiumi, calanchi, boschetti, fossi, ossia, a casa di tutti noi.

E’ opportuno che chi ha il compito di gestire la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, corra ai ripari. Studi il fenomeno e adotti provvedimenti. Non sta certo a noi dire quali. Diciamo solo: fate in fretta.

Sapete che l’Associazione Amici del fiume Senio risponde volentieri agli inviti delle Scuole e delle Amministrazioni comunali impegnate a sviluppare l’idea di Comunità educanti a sostegno del benessere e della crescita dei nostri figli e nipoti.

Castel Bolognese è impegnata su questo terreno. Giorni fa abbiamo accompagnato una classe seconda delle elementari del plesso Ginnasi ad una visita nel nostro fiume. E’ stata una esperienza molto bella. I ragazzini, condotti dalle loro Maestre, hanno dimostrato di sapere rispondere bene ad ambientazioni anche diverse dal solito.

Abbiamo scelto di percorrere l’argine dal Boccaccio al Ponte del Castello e di tornare per la campagna, con tappa alla chiesa della Pace. Quel tratto di argine non è servito da una comoda stradina, come nella zona Parco fluviale. I ragazzi hanno camminato sull’erba, per un tratto anche abbastanza alta, con attorno una vegetazione fitta esempio vero di biodiversità. Circa e metà percorso, dopo gli orti, per circa un chilometro hanno camminato in alveo, a fianco della riva del fiume, sotto una galleria di canne folte. Emozionante per tutti, e bellissimo. Un’esperienza che certamente i ragazzi non dimenticheranno facilmente.

Come è stato possibile? Il caso ha voluto che una persona che abita nei paraggi, amante del fiume, abbia poche ore prima del nostro arrivo, pulito con dovizia il sentiero, mettendolo in sicurezza. Così abbiamo potuto passare ed esplorare una natura diversa dal solito. Compreso le tante tane di animali che, purtroppo, stanno minando la stabilità dell’argine.

Desidero ringraziare gentilmente quella persona, si chiama Roberto, così come ringrazio la famiglia Zardi che ha pulito un lungo tratto di argine – proprio per facilitare il passaggio dei ragazzi – e l’ortolano Antonio che ha mostrato ai ragazzi il miracolo della terra, reso evidente dall’orto. Grazie infine alla famiglia Rambelli che prima del Ponte ci ha consentito di passare dal suo cortile per giungere sulla via Emilia.

Ma non è stata solo avventura. Lungo il primo tratto del percorso avevamo sparse le fotografie di una mostra degli Amici del Senio dedicata agli animali di fiume. In quel punto i ragazzi sono stati coinvolti dall’entomologo Roberto Fabbri – direttore del Podere Pantaleone – e hanno potuto apprendere quanto sia utile la presenza dei piccoli animali e quanto questi siano decisivi per la biodiversità necessaria alla salvezza del pianeta.

Al ritorno i ragazzi e tutti noi ci siamo rifocillati nel cortile della chiesa della Pace. Qui abbiamo potuto apprendere per bocca di Paolo Grandi perchè quella chiesa si chiama “della Pace” e anche quante diatribe storiche si siano svolte in quella località nei secoli passati. Poi una breve sosta e una riflessione davanti al grande mosaico dedicato alla Pace fra gli stati e fra le religioni che la Comunità parrocchiale ha costruito in un grande muro. Tutti i ragazzi hanno avuto in dono una foto di quel mosaico per fare si che resti bene impresso in loro il tema della Pace. Ringrazio molto la famiglia che che ci ha accolto in parrocchia – di cui purtroppo non ricordo i nomi – per lo spirito davvero fraterno dimostrato.

Che dire infine? Questa esperienza fra scuola, territorio e società, frutto del lavoro di un mondo della scuola che si apre e dell’amministrazione comunale che propone e sostiene, ci parla senza dubbio di una comunità che si fa educante e di un territorio che parla, collegando il passato al futuro.

Dopo otto chilometri a piedi, i ragazzi, un poco stanchi, ma in perfette condizioni di spirito, hanno salutato col “cinque” e con un arrivederci che speriamo sia presto. L’ultima parola va alle maestre e alla loro professionalità che spetta a noi tutti valorizzare come si merita.

Domenico Sportelli

 

“Ciao Domenico” e il cinque, l’un dopo l’altro, come due squadre prima della sfida. E’ così che i ragazzi delle seconde classi delle Scuole medie di Castel Bolognese ci hanno salutato, dopo la prima mattinata passata insieme ai loro insegnanti lungo gli argini del fiume Senio.

L’idea è nata dall’Amministrazione comunale. Quella di lavorare attorno al concetto di comunità educante, della comunità che si fa scuola e che lavora per cementare il rapporto con i suoi giovani cittadini nella ricerca della giusta simbiosi fra ricevere e offrire. La “scuola” l’ha discussa e accolta.

Fra le diverse uscite programmate nel territorio, agli Amici del Senio è toccato di sostenere quella della conoscenza del nostro fiume fatta di ambiente, paesaggio e storia. Siamo contenti di averla proposta, lusingati dal suo accoglimento e felici perchè il risultato non ha deluso le attese.

Le giovani ragazze e i giovani ragazzi, che erano al centro della nostra attenzione, hanno partecipato con lo spirito giusto. Curiosità, abnegazione e forza di volontà, disponibilità all’ascolto, partecipazione al gioco delle parti e divertimento. Come era giusto fosse. I loro insegnanti sono stati guide sempre presenti, attente e discrete.

Partendo dalla Scuola, siamo andati a piedi a Tebano, fino alla quattrocentesca Diga steccaia che origina il Canale dei mulini, percorrendo tutto l’argine del fiume. Sei chilometri all’andata e cinque al ritorno per effetto di un piccolo taglio al percorso. Si è trattato di una vera immersione nella natura, fra fiori ed erba alta, al cospetto del bel paesaggio forgiato negli anni dal rapporto fra il lavoro dei contadini e l’ambiente.

Lungo il percorso abbiamo cercato di dare sostanza al concetto di comunità educante inserendo la presenza e il contributo di persone qualificate per dare senso educativo e culturale a ciò che incontravamo e che meritava attenzione. A tenere insieme tutti questi “inserti” ci ha pensato, con la sua affabulazione, Mario Baldini di Primola Cotignola, inventore dell’Arena delle balle di paglia.

E così Ester Ricci Maccarini e Linda Caroli ci hanno parlato del Sentiero della legalità e delle panchine dedicate; Marco Dalmonte e Giuseppe Masetti si sono soffermati sulla guerra nel Senio e sull’eccidio di Villa Rossi; Patrizia Capitanio, Laura Montanari e Mario Cavina ci hanno parlato di acque e miracoli a Tebano; Lucio e Roberto hanno illustrato il lavoro di vigilanza ed educazione ambientale delle Gev; Fabio Pezzi ha fatto conoscere ai ragazzi il corso di laurea a Tebano in materia vitivinicola; Elvio Cangini si è soffermato sulla storia della quattrocentesca Diga steccaia e sulla Chiusa del canale dei Mulini; io ho potuto parlare della fonte di acqua solfurea della Pocca e degli alberi che ci aiutano a vivere meglio.

L’intervento di tutte queste persone, quello della nostra Associazione e dei dieci insegnanti coinvolti sul campo, pensiamo abbiano dato consistenza all’idea di comunità educante, alla positività di questo processo che deve andare avanti, senza però tralasciare il dovere di interrogarci circa talune difficoltà riscontrate da situazioni esogene venute alla luce.

Un grande grazie a tutte le persone coinvolte, al corpo dei docenti e particolarmente agli studenti che hanno costituito la vera anima dell’iniziativa. A tutti il nostro arrivederci e l’augurio di buona vita.

 

 

E’ stata, quella del 5 settembre scorso a Palazzuolo sul Senio, una giornata intensa, ma ben spesa. Siamo partiti con la camminata alla cascata della Presia. L’idea che guida le nostre camminate è sempre quella di riscoprire il territorio attorno a cui scorre il Senio e di ricostruire la mappa dei sentimenti e delle storie della sua gente. Al mattino, Franco ci ha condotto in visita alla chiesa della Madonna delle Nevi, poi, sotto di essa per visitare il vecchio lavatoio pubblico. A dispetto del fatto che non viene indicato nemmeno da una piccola targa, il manufatto, recentemente restaurato, è molto bello. Il più bello della specie, fra quelli visti. Vasche di diverso tipo, la “fornacella” e la storia del “ranno” raccontata da Pietro, l’ultimo uomo che ha lavorato nel lavatoio. A breve incontreremo Pietro per farci raccontare la sua storia e affidarla al futuro. Poi la visita al pozzo di una volta che ancora vive sottoterra a fianco della vecchia strada per l’alpe, sagomato con sassi di fiume e intriso di storia e di leggenda.

Anche in questo caso abbiamo notato come i gruppi che si creano su argomenti che proponiamo si arricchiscono del portato delle esperienze di chi vi partecipa. Questa volta erano con anche Betty e Lorenzo, appassionati di storia locale, proprietari e gestori della Casa Vacanze la Torre del Vicario. Si tratta di una casa torre del Trecento, un tempo degli Ubaldini, che mantiene integre alcune storiche caratteristiche ancora visibili (le mura, il tetto). Ci ha fatto piacere essere invitati a visitarla. Abbiamo così potuto apprezzare l’idea di un turismo che si sposa col locale e che coniuga la particolare vivibilità dei piccoli borghi con la cultura e con la storia.

Nel pomeriggio abbiamo visitato, dividendoci in gruppi, i due Musei allocati nel Palazzo dei Capitani. Si tratta di sei sale ricche di reperti archeologici e di strumenti della civiltà contadina. Ringraziamo il signor Alfredo Menghetti che ci ha accompagnati nella visita.

La sera abbiamo voluto rendere omaggio a Palazzuolo, agli ospiti e ai suoi abitanti. Marta Celli e la sua arpa celtica ci hanno guidati lungo i sentieri del ricordo di Luciano Ridolfi, una persona che non scorderemo, ricordato con un filmato e col discorso di Gianfranco Poli. Enzo Alpi, consigliere comunale delegato, ci ha poi detto di come l’Amministrazione comunale voglia valorizzare il Senio. Infine la proiezione di un caleidoscopio di foto preparate dal nostro Roberto Torricelli a mettere in risalto le vedute più belle della cittadina.

Considerate le norme anti Covid che ci hanno condizionato, abbiamo colto verso le nostre iniziative una buona accoglienza e un sincero interesse. Diverse decine di persone hanno partecipato ad ognuna di esse, esprimendo il senso di un reale coinvolgimento sui temi proposti.

Palazzuolo e il Senio. Quello che stiamo aiutando a comprendere è l’importanza che può avere il fiume per tutto ciò che gli vive intorno. Recuperare il senso della storia che ha sempre unito il fiume e la sua gente, significa aiutare la popolazione a crescere in armonia con la natura, l’ambiente e il paesaggio. Sapendo che riuscire a coniugare con raziocinio questi elementi vuole dire anche ricavarne benessere economico e sociale.

Quello che chiediamo, come riconoscenza per l’impegno che volontariamente mettiamo in campo, è che la politica ci ascolti e si esprima. Noi auspichiamo nella direzione di elaborare una visione complessiva del fiume e della sua valle, dalla montagna al mare. Per il bene comune e non per altro.

Senio a Castello (9)Domenica scorsa il Corriere di Romagna ha affrontato il tema delle casse di espansione del Senio. Concludeva con una strana storia. Ovvero, non precisati livelli istituzionali avrebbero detto al giornalista estensore dell’articolo, che la prima cassa di espansione, i cui lavori sono da tempo terminati, non potrebbe andare in funzione senza anche la seconda cassa: quella che attualmente si sta scavando.

Il ragionamento sarà anche giusto, ma certamente poco comprensibile. Se lo scopo di una “cassa” è quello di immagazzinare acqua col fiume in piena, per poi rilasciarla, quando il livello si abbassa, non si capisce perché non ne possa funzionare, intanto, anche solo una.

Ma ciò che sorprende è che altri livelli istituzionali abbiano affermato cose diverse. Ad esempio, sempre notizia del Corriere di qualche tempo fa, l’assessore delegato di Faenza disse che una delle tre casse è completata da parte della ditta che ha scavato la ghiaia, che il collegamento è a carico della Regione, che l’opera è finanziata e in fase di progettazione esecutiva. L’assessore non mise in relazione le due casse.

L’assessore regionale all’ambiente poi, rispondendo ad interrogazione, ha detto recentemente che per le opere complementari al funzionamento delle tre casse servono 17.585.000 euro; che la prima trance di finanziamenti di 2.233.000 euro non è ancora stata assegnata alla Regione (da parte del Governo) e che dovrebbe, presumibilmente, trovare copertura nel triennio 2014 – 2016.

Quindi: stesso argomento, tre versioni diverse da parte dei livelli istituzionali. Le riepilogo.
Primo livello istituzionale. La cassa già completata non può entrare in funzione, se non si termina anche la seconda.
Secondo livello istituzionale. La cassa completata può entrare in funzione, le opere di collegamento sono finanziate e in fase di progettazione esecutiva.
Terzo livello istituzionale. Non entra nella vicenda del funzionamento della casse, ma dice che non c’è ancora nessun finanziamento.
C’è veramente da chiedersi come siamo messi e se non sia il caso che gli stessi livelli istituzionali siano chiamati a fare chiarezza.

Mentre la vicenda delle casse di espansione langue, si accentua la canea contro gli alberi e la vegetazione dei fiumi. E’ in atto un feroce, sconclusionato, attacco contro coloro che chiedono equilibrio nella manutenzione dei fiumi; attacco che viene portato in nome di una fantomatica e non meglio precisata sicurezza. Impaurendo le persone con scenari catastrofici. Casomai, nel frattempo, si pensa di autorizzare interventi di taglio indiscriminato degli alberi nei fiumi, affidati in qualche caso, a quanto pare, alla stessa azienda che sta ritardando la costruzione delle tre casse di espansione. Legno che poi, presumibilmente, sarà venduto alle centrali a biomasse da poco entrate in funzione nel nostro territorio.

La domanda è questa: potrebbe essere che oggi la politica della gestione dei fiumi, dell’ambiente e del paesaggio è troppo influenzata da interessi di parte?

La cassa di espansione di Cuffiano (inutilizzata)

La cassa di espansione di Cuffiano (inutilizzata)

Nella disputa sui danni delle grandi piogge e sulla manutenzione dei fiumi, l’unica cosa veramente inaccettabile è, che la colpa sia degli alberi.
Poveri alberi. Fino a dieci anni fa, li festeggiavamo. A Castel Bolognese regalavamo una pianta per ogni bimbo nato; era un segno di civiltà.
Oggi invece si preferisce “fare la festa agli alberi”. Gli alberi, agli occhi di un ampio settore di pubblica opinione e non solo, hanno tutte le colpe: sono pericolosi, sporcano, sollevano il manto stradale, producono umidità e allergie, non ci fanno vedere la luce, si ammalano, tolgono la visuale. E adesso sono anche colpevoli dei danni provocati dalle piogge abnormi, conseguenti ai mutamenti climatici.
Ci si dimentica che gli alberi sono scientificamente essenziali alla vita di noi tutti.

Ma torniamo ai nostri fiumi. La “vulgata” dice che gli alberi dentro al fiume rallentano il corso dell’acqua. E’ vero. Ed è proprio questa uno dei motivi per i quali gli alberi dentro al fiume devono starci. Certamente, nel modo controllato e graduato che l’intelligenza umana deve determinare.
La ragione, se ci pensate, viene subito alla mente. I fiumi canalizzano l’acqua di un bacino idrografico che per sua natura scende dall’alto verso il basso, da monte a valle, fino al mare. Scendendo, l’acqua tende man mano ad acquistare sempre più velocità e forza dirompente, tale da travolgere, in alcuni casi i ponti e rompere gli argini. Diventa quindi sempre più pericolosa.
Allora scienza e coscienza ci dicono che il corso dell’acqua va controllato. Che l’acqua va posta a regime, va trattenuta, per quanto necessario e possibile, a monte, per poi essere rilasciata gradatamente nel suo percorso verso valle e la foce. Perché ciò accada, l’acqua a monte deve avere spazi liberi da potere occupare (casse di espansione) e deve essere in qualche modo rallentata. La funzione naturale per il suo rallentamento è svolta dalla sinuosità del percorso dell’alveo e dalla presenza degli alberi; poi, verso valle, anche dalla condizione di tenuta del manto erboso delle rive.
In definitiva, il corso dell’acqua di un fiume va studiato e programmato dalla sorgente alla foce, comprendendo tutto il bacino, quindi il reticolo di scoline, fossi, canali, affluenti che portano acqua al fiume maestro, e che la funzione degli alberi e della vegetazione deve fare parte dello studio.
Un esempio solo. Tutti sanno che il Senio è pericoloso per Cotignola, in ragione del fatto – credo – che gli argini (fatti dagli uomini) si restringono, che sono fragili e che il letto dell’alveo è corrispondente al piano di campagna. Immaginate cosa potrebbe accadere se le Amministrazioni comunali a monte di Cotignola “volessero” che il loro tratto di fiume fosse rasato come un biliardo “perché l’acqua da noi deve passare in fretta”. Occorre una visione coordinata e comune a livello di bacino.

Ho saputo, se non sbaglio, che oggi tutti i sindaci si incontrano in provincia per parlare dei fiumi. E’ importante che prevalga la saggezza e non l’emotività. Ho fiducia che le cose andranno bene.

Concludo riassumendo, per evitare fraintendimenti, ciò che penso sugli alberi nel fiume. Penso che la loro presenza sia necessaria, ma che debba essere governata dall’uomo. So bene che gli alberi non devono diventare troppo grandi, che vanno rimossi quelli secchi, quelli a contatto con l’acqua e quelli che in caso di restringimento degli argini possano mettere in crisi la sezione di portata del fiume. Penso in definitiva che la manutenzione di un fiume vada “ragionata” tenendo conto della “complessità” delle sue problematiche e che il “necessario” taglio degli alberi debba essere selettivo. Vanno conservati in buon numero perchè sono utili al governo dell’acqua del fiume e sono essenziali per l’ambiente e il paesaggio.
A chi dice che il taglio selettivo costa, rispondo che costa più riparare i danni di una gestione “affrettata” del fiume e non rispettare ambiente e paesaggio. E che, se la corretta gestione del fiume costa, questo è un problema della politica, che la politica deve risolvere. Stiamo parlando di un bene comune di primaria importanza.

Riolo Terme - Il ponte Bailey di Isola

Riolo Terme – Il ponte Bailey di Isola

Ieri sera a Casola Valsenio, molte associazioni locali e singoli cittadini, hanno accolto l’invito del Sindaco di dare una mano per ripulire il fiume, e fare così rivivere il loro parco fluviale, disastrato dal passaggio repentino dell’acqua caduta nel corso dell’ultimo nubifragio .

Erano presenti i tecnici del Servizio di bacino del Reno (SBReno) che hanno così avuto modo di spiegare quella che sarà la loro azione.
Hanno detto di avere ricevuto alcune risorse per un intervento straordinario, da Riolo Terme in su, immagino fino ai confini con la regione Toscana. Loro interverranno con i mezzi appropriati solo nell’alveo – ossia dove scorre normalmente l’acqua – per liberarlo dalla legna, che sarà accatastata nella golena, per sagomare le sponde ove necessario e per normalizzare le pendenze del letto dopo l’apporto straordinario di detriti avvenuto in qualche punto. Dopo di che si aspettano che altri soggetti rimuovano la legna e quant’altro dalla golena. Per questa seconda, decisiva, azione hanno detto che avrebbero apprezzato molto l’intervento dei cittadini volontari.

Con l’aiuto dei volontari questa legna potrà essere recuperata da chi vorrà bruciarla nel proprio cammino, potrà essere cippata per la locale centrale elettrica e, in ultima analisi, potrà essere rimossa da Hera come rifiuto assimilabile urbano.

Alla fine della serata il Sindaco e i suoi collaboratori politici e tecnici hanno assuno di fatto il coordinamento dei lavori e si sono impegnati a ripristinare, entro la primavera, il parco fluviale così com’era. Non è mancato un giusto richiamo ai cittadini stranieri a dare una mano, visto che come gli altri, e forse più degli altri, utilizzano i servizi comunali.

Penso sia stata una buona iniziativa e che altre amministrazioni comunali potrebbero muoversi in questo senso, certe che troverebbero un buon apporto da parte dei loro amministrati.

Sono contento che il Servizio di Bacino del Reno abbia sostenuto l’intervento dei volontari in azioni che, istituzionalmente spetterebbero a loro. Ora mi aspetto che favoriscano anche le operazioni di sfalcio delle rive da parte dei privati.

Ps – Naturalmente si è parlato di alberi da “segare” perchè ostruiscono la corrente. Faccio notare che tutti gli accumuli di detriti che ho visto (e fotografato) sono composti da vecchi tronchi con ogni probabilità già da tempo in alveo e in golena. O da alberi secchi presenti nelle rive dell’alveo e facilmente sradicati dalla furia dell’acqua.