Da Tebano a Riolo Terme
Ieri mattina, in una splendida giornata di sole, con temperatura mite e terreno asciutto, siamo andati a piedi da Tebano a Riolo Terme, risalendo la riva di sinistra del Senio.
Eravamo curiosi, per tante ragioni. Ma cosa abbiamo incontrato?
La parola che mi sento di mettere in cima alla piramide è: incuria. Innanzitutto da parte delle autorità del fiume, poi da parte di diversi privati confinanti e anche da parte di chi utilizza il fiume per il proprio passatempo.
Spesso ci siamo trovati davanti ad una giungla quasi inestricabile, sia nei tratti di argine, che in quelli dove è la campagna ad incontrare il fiume. Le golene, piccole o grandi che siano hanno la medesima caratteristica, mentre le rive appaiono quasi ovunque in buono stato, sostenute come sono da una vegetazione fitta, ma di piccolo taglio. Per lunghi tratti, dove non c’è argine, la campagna confinante è divisa in piccoli appezzamenti, per lo più incolti, o mal coltivati. Forse perchè non danno reddito.
Va detto che abbiamo incontrato pure lunghi tratti – direi oltre la metà del percorso – con carraie e stradelli perfettamente agibili. Esistono anche luoghi dove i contadini – o altre persone di buona volontà – tengono ben pulito l’argine oppure, con il trincia, consentono un comodo passaggio.
I pochi rii che scendono dalla collina, sono ben superabili. In quello più impegnativo – vicino a Riolo – è intervenuto una buon’anima che, nella previsione del nostro passaggio, ha gettato un piccolo ponte. Lo ringraziamo.
Nei tratti con maggiore vegetazione, non è stato difficile crearsi il passaggio grazie al fatto che non ci sono rovi. E questa è una gran bella notizia. Lungo l’intero percorso il punto più problematico e che occorre studiare bene è in corrispondenza del così detto “taglio del fiume”. Nel punto dove ad inizio novecento il fiume venne “drizzato” per consentire il passaggio della ferrovia Castel Bolognese – Riolo Bagni.
Detto dei problemi, veniamo al resto. Già dicevo che alveo e rive sono in buono stato. Non serve una manutenzione feroce; occorre una gestione intelligente della vegetazione arborea che non deve crescere troppo e il taglio costante dell’erba negli argini e nelle golene. L’acqua è scorrevole e bella; appare pulita; c’è pesce. In un’unico punto, poco oltre Cuffiano, abbiamo trovato una importante diga di piccoli tronchi nel letto del fiume. La segnaleremo a chi di competenza perchè intervenga.
La vegetazione che fa da contorno è caratterizzata sostanzialmente da querce, robinie, pioppi, salici, sambuco, canne e da arbusti che non conosco. Abbiamo incontrato anche canne indiane diverse da quelle più conosciute.
Per quanto riguarda la fauna, in un ambiente così ruspante, potete bene immaginare. Nonostante Pippo, che ci anticipava, abbiamo visto, scoiattoli, branchi di caprioli, le tracce dei cinghiali, le tane degli istrici, alcune nutrie. E tanti volatili particolarmente nella zona delle casse di espansione. Cormorani, gabbiani, germani reali, anatre, aironi, fagiani.
La vista della zona delle casse di espansione merita una riflessione a parte. La cassa già realizzata – quella che attende da anni di essere collegata al fiume per fare il proprio lavoro – è in totale stato di abbandono. Gli argini non sono stati ripuliti; l’erba è alta e sicuro rifugio di animali di ogni tipo. Compreso quelli che ne potrebbero minarne la stabilità.
Non so se il fatto che fosse domenica abbia inciso, ma l’impressione che ho avuto, relativamente ad una opera che si considera fondamentale per la sicurezza dei comuni della vallata, è stata quella dell’abbandono. Tale da chiedersi se la volontà della politica è ancora veramente quella di volerla realizzare. Alimenta il dubbio anche il fatto che il ponticello che supera il Senio in quella zona – una ardita opera del dopoguerra costituita da una unica campata in ferro – venga fatto morire. Il fatto che non si faccia adeguata manutenzione ad una opera che potrebbe essere molto utile nella futura prospettiva di un’area naturalistica di pregio, cosa significa? Pensiamoci.
Le difficoltà e i pensieri non ci hanno impedito di vedere le cose belle. Le tante querce secolari – anch’esse bisognose manutenzione perchè attaccate dall’edera; un vecchio mulino, le tracce di un altro e le loro secolari opere di adduzione; scorci di una campagna bella e rigogliosa e la bellezza di un paesaggio collinare incomparabile.
In conclusione, quanto visto, mi porta a dire che il tratto di Senio, da Riolo fino a Tebano – da dove inizia l’arginatura continua – potrà essere un domani perfettamente percorribile a piedi, col cavallo e anche con la mountain bike. Occorrono un progetto, idee chiare, determinazione e qualche modesta risorsa economica.
Il primo appello lo rivolgiamo ai vicini di fiume. A loro diciamo: dateci una mano. Aiutateci a mantenere pulito i tratti di argine e le carraie vicine. Nessuno vi disturberà. Le vostre proprietà saranno valorizzate da un ambiente più bello e vivibile. A coloro che passeranno potrete proporre i vostri prodotti. Vi faranno compagnia e vi sentirete anche più sicuri.
Agli Amici del Senio propongo di dare una mano offrendo disponibilità per qualche attività, sul modello del lavoro partecipato che ha visto i volontari recuperare il Mulino di Scodellino. Sarebbe bello pulire sotto le querce secolari, recuperare i manufatti delle opere di adduzione ai mulini, togliere sterpaglie, potare alberi. Pensateci. Aspettiamo di sentirvi.
A coloro che governano su mandato dei cittadini il territorio spetta il compito – se lo vorranno – di cogliere questi contributi, relazionarli al contesto più generale e realizzare l’opera.
Ultimissima: il percorso da Tebano a Riolo Terme – lungo il fiume – è lungo 9 chilometri e 700 metri.
Di seguito un collage di foto scattate ieri.
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