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Recentemente abbiamo appreso da “il Piccolo” di Faenza che i comuni dell’Unione faentina hanno chiesto a Deputati e Senatori della Romagna di impegnarsi per aggiornare la normativa sui fiumi e in particolare per superare il Regio Decreto n. 523 del 1904 – Testo Unico delle disposizioni di legge in vigore. Riporto di seguito brani della lettera dei sindaci estrapolata dal Piccolo (che ringraziamo e a cui chiedo scusa se non ho seguito una procedura corretta).

Il problema che i nostri Sindaci pongono è sacrosanto. La lettera dice che “Dopo quanto successo a partire dal 2 e 3 maggio 2023, non è più pensabile affrontare la complessità del sistema di tutela territoriale e le attività che interessano i corsi d’acqua attraverso norme risalenti addirittura all’inizio del secolo scorso, non più in grado di individuare con chiarezza competenze e responsabilità”.

Rilevano come il cambiamento climatico e le sue tragiche conseguenze vadano più veloci rispetto alla capacità delle istituzioni nell’intervenire efficacemente per rendere più sicuro il territorio.

Per questo, affermano che “sono indispensabili azioni immediate e coordinate che superino l’evidenza di diversi impedimenti burocratici e ambiguità normative che hanno impedito di intervenire tempestivamente sia nella gestione ordinaria della tutela del territorio, sia durante le emergenze.”

Tra questi ostacoli, appunto, il Decreto Regio del 1904 a tutt’oggi fonte normativa primaria di riferimento.

Prova ne sono – proseguono i sindaci – le contraddittorietà sulla costruzione e manutenzione delle opere a difesa del territorio causa di continui contenziosi tra enti e proprietari di fondi latistanti ai corsi d’acqua torrentizi, oggetto anche di diverse recenti sentenze da parte della Corte di cassazione.

Si tratta di diversità interpretative usate spesso come alibi per un rimpallo di responsabilità che determina l’impossibilità di attribuire precise competenze. Una situazione del tutto insostenibile che ha impedito, e tuttora impedisce nonostante l’emergenza, di realizzare celermente diversi interventi fondamentali a protezione del territorio. Per questo motivo – concludono i sindaci – ci appelliamo a Voi affinché tali distorsioni possano essere velocemente superate tramite un non più rinviabile aggiornamento legislativo delle norme di riferimento”.

Nel corso della nostra decennale attività abbiamo a più riprese sollevato questo tema, avendo a riferimento la situazione degli argini del Senio che vanno dal Ponte del Castello a Tebano. Argini che mentre dovevano e debbono proteggere l’abitato di Castel Bolognese e quelli verso valle lungo l’asta del fiume e che quindi sono della massima importanza per la sicurezza, sono stati e sono tutt’ora senza “padrone”. Nel senso che per ragioni interpretative della legge di cui sopra, non si è mai saputo e tutt’ora non si sa chi avrebbe dovuto e debba occuparsi della manutenzione ordinaria che serviva, che serve e che è mancata.

Questione quindi, quella posta, della massima importanza, ma con un limite. La platea che si è mossa è meritevole, autorevole, ma limitata. Il campo andrebbe esteso. Potrebbe essere la Provincia, ad esempio, a coordinare tutti i suoi comuni, a coinvolgere Forlì-Cesena e Rimini e portare almeno a livello della Romagna la richiesta.

Poi dovrebbero muoversi i Partiti, sarebbe lavoro loro, quello di tradurre in iniziativa politica la condizione e le richieste che vengono dai cittadini. Solo uno schieramento ampio di forze può avere la possibilità di incidere. Allora, bene la presa di posizione dell’Unione Faentina, ma purtroppo non basta. Occorrerebbe andare oltre.

Concludo con una punta di amarezza. La nostra Associazione è uno di quelli che vengono definiti corpi intermedi – portatori di interessi – della società. Da oltre dieci anni ci occupiamo di valorizzazione e di sicurezza di un fiume, nel nostro caso del Senio. Migliaia di persone ci conoscono e in qualche modo ci seguono. Se siamo questi, una iniziativa importante come quella trattata, tema che abbiamo posto tante volte, veniamo a conoscerla da un articolo di giornale che ci ha passato un amico. Ma è proprio questa la partecipazione che il nostro governo istituzionale vorrebbe?

 

Ad inizio gennaio avevamo segnalato una situazione di degrado e tane di fossori nell’argine del Senio a nord del Ponte del Castello Ancora tane nell’argine.

In questi giorni ci è giunta risposta per la quale ringraziamo. L’Autorità del fiume ci dice:

“Con nota assunta agli atti di questo Ufficio Territoriale con protocollo n. 304 del 03/01/2024, il sig. Domenico Sportelli, in qualità di referente dell’Associazione ADV Amici del fiume Senio, ha segnalato la presenza di tane di fossori (in argine sx) e scarsa manutenzione nel tratto di fiume Senio dal Ponte del Castello al ponte della Ferrovia, nel Comune di Castel Bolognese (RA).
Preliminarmente, si comunica che, nel tratto in questione, è partito ad inizio gennaio 2024 un cantiere che riguarda attività di trinciatura, taglio di vegetazione e ripristino argini e officiosità idraulica, compresa la gestione delle tane di fossori.
Il cantiere ha, come limiti spaziali, il tratto di torrente Senio dalla via Emilia fino al ponte A14, sia in destra, sia in sinistra idraulica.
Si comunica inoltre che la Regione Emilia-Romagna mette a disposizione tutte le informazioni riguardanti gli interventi attuati ed in atto concernenti l’alluvione, con costanti aggiornamenti, all’indirizzo:
https://www.regione.emilia-romagna.it/alluvione“.

Quindi, si sta intervenendo (come tutti possiamo vedere). Finalmente si va facendo luce anche prima e dopo il Ponte sulla via Emilia, punto storicamente assai problematico. L’auspicio è che anche in quel tratto si possa ripristinare una situazione di libero accesso per chi vuole/deve controllare lo stato del fiume.

Questo tema fa parte di quello più complesso della riclassificazione degli argini che vanno dal Ponte del Castello a Tebano. Quelli fino a maggio “figli di nessuno” e che tanti guai hanno provocato. Argini, per essere chiari, da rifare in molti tratti, se vogliamo che il centro abitato di Castel Bolognese sia adeguatamente protetto dalle prossime fiumane.

Ancora non ci siamo; non si conosce il progetto definitivo per difendere Castello, Solarolo e anche oltre. Argini riclassificati e sicuri vuol dire adeguanti nella struttura e dimensione, con le proprie pertinenze libere, esternamente e in golena per potere ben vigilarli e intervenire, se del caso. Con erba e vegetazione contenuta e tenuti con rispetto, senza che diventino depositi di materiale improprio, come troppo di frequente è accaduto.

Poi il tema principale, visto in ottica di garanzia futura, quello di dare più spazio al fiume e all’acqua che dovesse cadere in eccesso alla normale portata. Quello di costruire bacini, briglie, casse di espansione e di individuare aree allagabili in modo controllato. Il compito spetta alla Struttura commissariale, di concerto con Regione e Comuni. Siamo in attesa.

 

 

Riguardo la situazione del fiume Senio, desta la massima preoccupazione il tratto che va dal Ponte del Castello a Riolo Terme, quello delle 10 rotte ed esondazioni e che ha fatto si che Castel Bolognese, poi altri comuni, facessero involontariamente da cassa di espansione naturale del fiume.

In quel tratto di fiume, nel dopo guerra, vennero realizzate arginature da soggetti diversi. Furono opera del Genio Civile, su richiesta (petizione) dei cittadini, e di privati per proteggere le loro coltivazioni. Non fu mai risolta – secondo logica – la questione della proprietà di quegli argini che venivano ad assumere una funzione pubblica. Quale sarebbe stata la logica? La logica sarebbe stata che lo Stato (il demanio) avesse comprato il terreno su cui erano stati eretti gli argini e, naturalmente, le golene (quel tratto di terreno che va dall’argine alla sponda dell’alveo e che viene allagato dalle fiumane).

Argini di nessuno. Il fatto che quegli argini siano rimasti nella disponibilità del privato ha fatto si che il tema della loro manutenzione e quindi della sicurezza sia rimasto in una sorta di limbo, senza alcuna paternità. Il privato consapevole che quegli argini svolgono una funzione pubblica non se ne cura a fondo. Il pubblico, non essendo stati acquisiti a suo tempo, non li ritiene cosa propria in forza di una circolare dei Lavori Pubblici n 780 del 28 febbraio 1907 che limita sostanzialmente la proprietà del demanio all’alveo (l’area interessata al corso dell’acqua) e quindi non se ne cura. Se non nei casi in cui venga toccato l’alveo (sempre del demanio), come per la frana di Biancanigo. Oppure nei casi di somma urgenza (come avvenuto nel ripristino di alcune rotte il quel tratto).

Quell’argine per Castel Bolognese è come una diga.

Come vedete, si tratta di una situazione che non sta in piedi e che soprattutto non garantisce sicurezza ai cittadini di Castel Bolognese e della vallata. Oggi quell’argine che dal ponte del Castello arriva fin sopra a Tebano si propone come una vera e propria diga a garanzia della tutela del centro abitato di Castel Bolognese. Quantomeno nel caso di fiumane corrispondenti alla portata del fiume. Per quelle di portata superiore, come abbiamo detto, serve un sistema controllato di casse di espansione.

Oggi quel tratto di argine, dopo le catastrofi di maggio, è ferito in centinaia di punti. Non basta quindi chiudere le rotte più importanti, occorre sia visitato con meticolosità da capo a fondo e sia ripristinato in ogni sua ferita, piccola o grande che sia. Chi deve fare questo lavoro? Non c’è alcuna ombra di dubbio che debba farlo il pubblico che però, allo stesso tempo deve acquisire il controllo completo di argini e golene e risolvere così il problema anche per il futuro. Quale sia lo strumento più adatto per giungere al controllo certo dell’argine (acquisizione, convenzione…) non spetta a noi dirlo. Regione e Governo debbono sbrogliare la matassa.

Bisogna fare presto. Il tempo delle piogge potrebbe essere domani, o fra tre mesi. Ma il problema principale non è quando arriveranno le fiumane. Il problema che deve stare a cuore a tutti, a partire da chi ci governa, è agire con credibilità per cercare di togliere dall’insicurezza e dalla paura i cittadini. Oggi li vediamo come silenziosi, dubbiosi, spenti, ma forse colmi di rabbia. L’impotenza, unita alla rabbia può generare mostri. E’ meglio muoversi in tempo. (Foto di giornata)

L’antefatto. Quando per evitare le frequenti esondazioni, il Senio venne arginato nel tratto fra Tebano e Ponte del Castello – per iniziativa dei privati che volevano salvare le loro terre – non venne risolto il problema delle proprietà. Contravvenendo alla logica vennero eretti argini, che garantivano anche la funzione pubblica della difesa del territorio dei comuni di Castel Bolognese e Solarolo, senza che questi e le golene venissero demanializzati. Nella sostanza un’opera di interesse pubblico e comune rimase di proprietà dei privati. Con tutte le conseguenze del caso: sicurezza limitata, conflitti di competenza, continua litigiosità. L’effetto più evidente è che ancora oggi non si da chi debba fare la manutenzione. E la vigilanza?

Il fatto. Nel 2013 accadde che un frontista, proprietario di argine, golena e letto del fiume fino alla sua metà (secondo le carte), mettesse una sbarra alfine di impedire per ragioni anche comprensibili dal suo punto di vista, il passaggio dei cittadini che da sempre hanno camminato per andare agli orti in golena, per diporto, per approvvigionarsi di prodotti e materiali, sopra l’argine fino al Ponte del Castello.

I castellani non accettarono di buon grado questo impedimento, ritenuto ingiusto e immotivato; molti continuarono a passare e gli animi si incattivirono. Fu allora che promuovemmo una petizione popolare, rivolta al Sindaco. che chiedeva il ristabilimento di una situazione che il tempo aveva di fatto consolidato. Fu un momento di profonda e sentita evocazione dei ricordi di un tempo da parte di moltissime persone, che dimostrò come il loro fiume rappresentasse parte della loro identità. Come avesse contribuito a forgiarla.

In men che non si dica vennero raccolte molte centinaia di firme in ragione delle quali il Sindaco di allora intentò una causa legale per dirimere la questione. Essa si basò, se non erro, sul presupposto che una consuetudine così protratta nel tempo e profonda nei sentimenti, dal momento che non ledeva interessi materiali di rilievo, dovesse essere riconosciuta come un diritto inalienabile e acquisito.

La conclusione. In questi giorni, dopo diversi livelli di giudizio che hanno visto prevalere il ricorso dell’Amministrazione comunale a tutela dei cittadini, il proprietario ha scelto di togliere la sbarra e di ricostituire di fatto la situazione ante. Adesso l’auspicio è che questa sentenza possa aiutare a dirimere diverse altre situazioni simili presenti lungo il fiume. Occorrerà leggerne il dispositivo, poi si vedrà. Difficile però per chiunque non tenerne conto.

In casi come questo la strada pensiamo debba essere quella dell’incontro del pubblico con il privato, del confronto e della ricerca del giusto punto di equilibrio. Dovrà essere il percorso da seguire per realizzare il completamento dell’anello ciclopedonale che dalla diga steccaia vorrebbe giungere al molino Scodellino, seguendo l’argine del Senio. Parliamo di bene comune. Col buon senso e la ragionevolezza questo obbiettivo si può realizzare .

Oggi

Dell’argomento ne abbiamo parlato in passato (fra parentesi gli accessi all’articolo)

(1/8/2013) – Si vorrebbe vietare il passaggio sull’argine del Senio (334)

(27/12/2013) – Castel Bolognese, precluso il passaggio sull’argine (238)

(29/12/2013) – L’argine sbarrato suscita interesse (169)

(27/1/2014) – Argine sbarrato, chi garantisce la sicurezza? (184)

(27/6/2014) – L’argine del Senio torna libero (192)

(26/8/2014) – Argine libero (210)

(9/12/2014) – In discussione la passeggiata sul fiume (193)

(14/2/2015) – Fiume e sbarre (135)

(14/3/2017) – Quelle sbarre vanno tolte 

 

 

Ricordate la vicenda della sbarra sulla riva del Senio, a Castel Bolognese? Ebbene, a quattro anni di distanza è ancora in piedi, nel senso che, nonostante chi l’aveva illegalmente posta abbia perso processo e appello, nessuno ha ancora provveduto a rimuoverla. Di seguito pubblichiamo il sintetico commento di un’ Amica avvocatessa e sotto la sentenza (interessante).

Commento. Si tratta di un ricorso possessorio fatto dal Comune di Castelbolognese contro la signora che ha apposto le sbarre. La signora ha perso in primo grado nel 2014 e in reclamo, che corrisponde all’appello, nel 2015.  Vi è ordine di rimozione immediata delle sbarre. Il Tribunale ha riconosciuto l’uso pubblico del bene. Quanto al regio decreto del 1904 che la signora ha portato come sua difesa per dire che la gente non può passeggiare sull’argine, il Tribunale lo ha ritenuto irrilevante. Penso che se non ha proposto ricorso per cassazione, la decisione sia ormai definitiva. Il comune può provvedere a rimuovere le sbarre, se la signora non lo fa spontaneamente.

Fiume Senio - "Tappo" prima di Felisio (prima dell'ultima fiumana)

Fiume Senio – “Tappo” prima di Felisio (prima dell’ultima fiumana)

Non passa giorno che qualche cittadino non mi chieda quando sarà tolta quell’assurda sbarra sopra l’argine del Senio, a Castel Bolognese, in fondo al Boccaccio. Mi sono informato e la notizia è questa. L’ultima udienza in Tribunale è avvenuta il 24 novembre dello scorso anno. Da allora si è in attesa che il Giudice di Appello si pronunci sul ricorso avanzato dal soccombente.

Ricorderete che a seguito di sbarre poste da un frontista sull’argine di sinistra del fiume, il comune chiese al Tribunale di ripristinare la condizione in essere da decenni, del libero passaggio delle persone sopra l’argine. La Sentenza, dello scorso estate, fu favorevole al comune. Infatti il Giudice decretò con esecuzione immediata il ripristino del libero accesso, la rimozione di tutti gli orpelli – compreso le telecamere – e gravò il soccombente del pagamento degli oneri processuali.

Per ragioni che non conosco la sentenza non fu “immediatamente eseguita”, mentre il soccombente si appellò ad un nuovo grado di giudizio. Nel frattempo un tecnico del Servizio di Bacino, ossia l’autorità del fiume, scrisse sul Resto del Carlino che quella sentenza era “sbagliata”. So che c’è stata la deposizione di memorie in Tribunale e alcune udienze, l’ultima delle quali è avvenuta il 24 novembre. Da allora si è in attesa della sentenza.

 

Senio - Bruco di fiume a spasso nel Parco fluviale di Castel Bolognese

Senio – Bruco di fiume a spasso nel Parco fluviale di Castel Bolognese

Siamo in attesa che il Tribunale di Ravenna si pronunci, in secondo grado, circa la denuncia del comune di Castel Bolognese contro un privato cittadino che ha sbarrato il passaggio sull’argine del fiume Senio di fronte a casa sua. Impedendo in tal modo la passeggiata che tanti cittadini facevano da tempo immemorabile. La persona interessata, non si è limitata a porre sbarre, ma ha anche piazzato una video registrazione e minacciato a più riprese persone che, non credendo ai propri occhi, hanno aggirato l’ostacolo.

Nel corso del primo grado di giudizio il Giudice ha sentenziato l’immediata rimozione degli ostacoli. Il soccombente si è appellato e in questi giorni, dopo molti mesi, pare essere vicini alla sentenza di secondo grado.

Si sa che si è dato corso ad uno scambio di memorie processuali. Non so cosa voglia dire, ma intuisco che ci siano problemi. Si parla di un intervento del Servizio di Bacino, ovvero dell’autorità del fiume. Servizio che, seppure in modo indiretto, in qualche modo già si era espresso all’indomani della sentenza. Io stesso ricordo che, subito dopo la pronuncia positiva per i cittadini, un alto dirigente di quel Servizio, che dipende dalla Regione, affermò con un articolo sul Resto del Carlino, essersi trattato di una sentenza sbagliata.

Mi chiesi come abbia potuto un dirigente della Regione, un dipendente pubblico, entrare a piedi pari in un processo e sentenziare contro il giudice che ha emesso la sentenza. Mi sarebbe parso più consono il dovere di rispettare le sentenze e lasciare che la giustizia compisse il suo corso.

Da quanto ho capito, a giudizio del Servizio di bacino, la prima sentenze non avrebbe tenuto conto di un Decreto risalente all’inizio del secolo scorso (1904), quando ancora vigeva lo Statuto Albertino, il quale, ancora in vigore, pare stabilisca il divieto di passaggio dei cittadini sugli argini dei fiumi. Di conseguenza, si potrebbe pensare che in tutti questi anni le persone che hanno percorso gli argini dei nostri fiumi lo abbiano fatto abusivamente (viandanti, sportivi, sognatori, poeti, partigiani, cacciatori, pescatori, tartufai, scolaresche, contadini, ortolani, vagabondi, malandrini…). Senza per altro che si abbia avuto notizia di una sanzione comminata (se c’è un regolamento…).

Proprio oggi ricevo da un amico di Faenza il testo del famoso decreto del 1904. Potete leggerlo anche voi, cliccate qui http://www.regione.piemonte.it/ambiente/tutela_amb/dwd/rd523_1904.pdf . Non l’ho letto tutto, lo farò. Sbirciando qua e la, mi è balzato agli occhi l’articolo 59. Dice che gli argini sono pubblici. Poi dice che sopra di essi i comuni e i privati possono ricavarne strade. In quel caso, chi fa una strada deve impegnarsi alla corretta manutenzione della riva. Se il comune non fa la manutenzione – solo in quel caso – l’autorità può sbarrare la strada. A Castello l’oggetto della causa in Tribunale è che si chiede semplicemente che si possa transitare a piedi in una argine pubblico (e se non è pubblico si deve spiegare per quale ragione non lo è – io non l’ho ancora capito). Più in generale si chiede di utilizzare gli argini come percorsi di interesse naturalistico da transitarvi a piedi e in bici. Non si tratta e non si chiedono affatto strade. Che sono ben altra cosa.

Mah, non so. Speriamo sia solo un brutto sogno e che il risveglio sia giusto. Sono anni che Enti, Associazioni, Amministrazioni locali sono impegnati a valorizzare i nostri fiumi, immaginandoli come percorsi per pedoni, biciclette, cavalli con uscite verso i punti di interesse storici, ambientali e produttivi. Sono anni che si parla di sviluppo del turismo lento e del turismo della memoria. Da anni si parla di Contratti di fiume, ossia di patti volontari – in attesa che diventino legge – per gestire la complessità del fiume assieme alle popolazioni. E oggi siamo ancora costretti ad occuparci del tema del libero accesso ai fiumi? C’è da non crederlo. Al momento non ci resta che sperare in una giustizia giusta.