Il fiume bene comune, ne parlano i sindaci.
Nella disputa sui danni delle grandi piogge e sulla manutenzione dei fiumi, l’unica cosa veramente inaccettabile è, che la colpa sia degli alberi.
Poveri alberi. Fino a dieci anni fa, li festeggiavamo. A Castel Bolognese regalavamo una pianta per ogni bimbo nato; era un segno di civiltà.
Oggi invece si preferisce “fare la festa agli alberi”. Gli alberi, agli occhi di un ampio settore di pubblica opinione e non solo, hanno tutte le colpe: sono pericolosi, sporcano, sollevano il manto stradale, producono umidità e allergie, non ci fanno vedere la luce, si ammalano, tolgono la visuale. E adesso sono anche colpevoli dei danni provocati dalle piogge abnormi, conseguenti ai mutamenti climatici.
Ci si dimentica che gli alberi sono scientificamente essenziali alla vita di noi tutti.
Ma torniamo ai nostri fiumi. La “vulgata” dice che gli alberi dentro al fiume rallentano il corso dell’acqua. E’ vero. Ed è proprio questa uno dei motivi per i quali gli alberi dentro al fiume devono starci. Certamente, nel modo controllato e graduato che l’intelligenza umana deve determinare.
La ragione, se ci pensate, viene subito alla mente. I fiumi canalizzano l’acqua di un bacino idrografico che per sua natura scende dall’alto verso il basso, da monte a valle, fino al mare. Scendendo, l’acqua tende man mano ad acquistare sempre più velocità e forza dirompente, tale da travolgere, in alcuni casi i ponti e rompere gli argini. Diventa quindi sempre più pericolosa.
Allora scienza e coscienza ci dicono che il corso dell’acqua va controllato. Che l’acqua va posta a regime, va trattenuta, per quanto necessario e possibile, a monte, per poi essere rilasciata gradatamente nel suo percorso verso valle e la foce. Perché ciò accada, l’acqua a monte deve avere spazi liberi da potere occupare (casse di espansione) e deve essere in qualche modo rallentata. La funzione naturale per il suo rallentamento è svolta dalla sinuosità del percorso dell’alveo e dalla presenza degli alberi; poi, verso valle, anche dalla condizione di tenuta del manto erboso delle rive.
In definitiva, il corso dell’acqua di un fiume va studiato e programmato dalla sorgente alla foce, comprendendo tutto il bacino, quindi il reticolo di scoline, fossi, canali, affluenti che portano acqua al fiume maestro, e che la funzione degli alberi e della vegetazione deve fare parte dello studio.
Un esempio solo. Tutti sanno che il Senio è pericoloso per Cotignola, in ragione del fatto – credo – che gli argini (fatti dagli uomini) si restringono, che sono fragili e che il letto dell’alveo è corrispondente al piano di campagna. Immaginate cosa potrebbe accadere se le Amministrazioni comunali a monte di Cotignola “volessero” che il loro tratto di fiume fosse rasato come un biliardo “perché l’acqua da noi deve passare in fretta”. Occorre una visione coordinata e comune a livello di bacino.
Ho saputo, se non sbaglio, che oggi tutti i sindaci si incontrano in provincia per parlare dei fiumi. E’ importante che prevalga la saggezza e non l’emotività. Ho fiducia che le cose andranno bene.
Concludo riassumendo, per evitare fraintendimenti, ciò che penso sugli alberi nel fiume. Penso che la loro presenza sia necessaria, ma che debba essere governata dall’uomo. So bene che gli alberi non devono diventare troppo grandi, che vanno rimossi quelli secchi, quelli a contatto con l’acqua e quelli che in caso di restringimento degli argini possano mettere in crisi la sezione di portata del fiume. Penso in definitiva che la manutenzione di un fiume vada “ragionata” tenendo conto della “complessità” delle sue problematiche e che il “necessario” taglio degli alberi debba essere selettivo. Vanno conservati in buon numero perchè sono utili al governo dell’acqua del fiume e sono essenziali per l’ambiente e il paesaggio.
A chi dice che il taglio selettivo costa, rispondo che costa più riparare i danni di una gestione “affrettata” del fiume e non rispettare ambiente e paesaggio. E che, se la corretta gestione del fiume costa, questo è un problema della politica, che la politica deve risolvere. Stiamo parlando di un bene comune di primaria importanza.
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