Liberariamo il Senio e tutti i fiumi
Oggi i fiumi minori, parliamo ad esempio del Senio, sono di fatto sequestrati. Si ha perfino il dubbio che per loro lo stato di diritto non valga. Ad averli sequestrati è prima di tutto la burocrazia. Una fabbrica con milioni di addetti che trovano sostentamento in una legislazione asservita al “particulare” e non al bene comune. Non che sia colpa loro, ma il dubbio è che in tanti ci sguazzino.
E’ da almeno venti anni che al Senio (come agli altri fiumi) non si fa una adeguata manutenzione. Prima lo hanno fatto morire, rubandogli l’acqua; poi, con l’incuria, lo hanno reso per lunghi tratti una giungla inestricabile. Oggi non vogliono che nemmeno si passeggi sopra i suoi argini o a fianco delle sue golene. Sbarre, divieti, grida, minacce, persino telecamere ammonitrici.
Non tagliano l’erba, ma se qualcuno si offre di farlo volontariamente, dicono di no. Non intervengono in modo adeguato e responsabile sulla vegetazione, ma si permettono di mettere alla berlina chi li richiama alle proprie responsabilità.
Alle strette, dopo che l’incuria decennale ha creato la pericolosità del Senio (e degli altri fiumi), chiedono pieni poteri per potere abbattere senza cura ogni vincolo di natura ambientale e paesaggistica, impaurendo la popolazione e minacciando (di fatto) le istituzioni.
Da decenni rimane non risolta per il Senio la questione del rapporto fra demanio e proprietà privata. I fiumi, così come le spiagge, sono, sulla base di una legge fondamentale dello Stato, proprietà del demanio pubblico. Ragione per la quale, il loro accesso è libero, nel rispetto delle regole dettate.
Ebbene, nonostante ciò, per decine di chilometri, gli argini e le golene del fiume Senio non sono liberamente transitabili stante il supposto diritto di proprietà privata dei confinanti. Fino al limite paradossale che in qualche caso, particelle di fiume vengono considerate proprietà privata fino alla metà del letto di scorrimento dell’acqua. Tutto ciò senza che nessuna autorità si sia sentita fino ad ora in dovere di chiarire e sanare questa paradossale questione.
Immaginate che, per questa ragione, oggi, risulta ben difficile se non impossibile, ad un cittadino qualunque, visitare la Diga steccaia leonardesca di Tebano, ossia un vero e proprio monumento nazionale, di interesse mondiale (a breve tornerò su questo argomento).
Se questa è il linea di massima la situazione odierna, sempre pronto a chiarire se venisse dimostrato il contrario, il compito che hanno le persone alle quali sta a cuore la salvaguardia dei beni comuni, è quello di lottare per liberare il Senio (e gli altri fiumi) dalle catene che li stanno opprimendo e portando alla morte. I fiumi debbono ritornare alle comunità che li ospitano.
Le iniziative promosse per riavvicinare le popolazioni ai fiumi, e il loro crescente successo, dimostrano come sia ben radicato un elemento identitario fra i cittadini e il “loro” fiume.
Bisogna disboscare una legislazione contraddittoria e paralizzante, riavvicinare i cittadini ai fiumi, con il compito di valorizzarli, garantendo la loro funzione primaria di collettori delle acque, assieme alla tutela del patrimonio ambientale e paesaggistico che rappresentano. Gli strumenti potrebbe essere quelli del Contratto di fiume e, contemporaneamente, di una legge regionale che disciplini in maniera chiara il diritto di accesso pubblico ai fiumi e ai canali di bonifica.
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