Quelli di Primola da Cotignola alla sorgente del Senio

Quelli della piana, spesso hanno desiderato risalire la corrente del Senio, del loro fiume, percorrendo all’inverso il tragitto di tanti “montanari” che invece la scendevano. Ogni fiume rappresenta un microcosmo di natura e di storia. Custodisce segreti, offre riparo, desta curiosità e timore. Il fiume è visto come qualcosa di forte, di potente. Scoprirlo rappresenta una sfida che almeno una volta nella vita tante persone desiderano lanciare.

Vent’anni fa toccò provarci a nove esploratori cotignolesi. Prima l’avevano fatto gli alfonsinesi, che ci scrissero su pure un libro. La storia narra che quella dei ragazzotti cotignolesi sia stata una bella avventura. Arrivarono a Palazzuolo… e l’anno dopo fino alla sorgente. Uno dei partecipanti, Mario Maginot Mazzotti custodisce diario e foto che, gentilmente, ci ha permesso di pubblicare. Grazie Mario.

Il racconto del fiume da Cotignola a Palazzuolo (2001)
Come diceva lo scrittore francese Montaigne a chi gli chiedeva ragione dei suoi viaggi “so bene quel che fuggo, ma non quello che cerco”, anche noi dell’Associazione Primola, ragionando su questa frase, abbiamo intrapreso un viaggio a piedi, un viaggio di conoscenza, di riconquista del nostro territorio: un itinerario risalendo il fiume Senio.
Certo non sapevamo cosa aspettarci da questa esplorazione, sicuramente non cercavamo la gara fra noi, su chi fosse più resistente alle fatiche, anzi la partecipazione di altri era aperta a ogni tappa, e non ci aspettavamo di essere più motivati come fanno quei manager che camminano sui carboni ardenti; fuggivamo per un po’ dalle nostre abitudini e movimenti, quasi sempre su ruota, per conoscere meglio una terra vista di fretta e forse poco apprezzata, seguendo a ritroso il corso del Senio, fiume (o meglio torrente) di 92 Km, che nasce dal monte Carzolano sull’Appennino tosco-romagnolo e affluisce da destra nel fiume Reno a NE di Alfonsine.
L’idea era venuta a Baldo (Mario Baldini), vulcanico presidente della nostra associazione: un viaggio vero, di fatica, per completare i percorsi culturali e gastronomici del nostro ampio programma. Dopo aver provato a intervalli il percorso per vedere se fosse agibile, l’avevamo diviso in tre tappe: la prima da Cotignola a Riolo Terme, la seconda da Riolo Terme a Mongardino (nei pressi di Casola Valsenio) e la terza da Mongardino a Palazzuolo, organizzando per ogni serata un intrattenimento culturale.
Giovedì 23 agosto alle 6.30 eravamo in sei sul ponte di Cotignola, immortalati dal vice sindaco Rositano Tarlazzi. Baldo, Davide, Mario, Mauro, Roberta e Savio iniziavano il loro personale viaggio. Tutti eravamo coscienti delle difficoltà della prima tappa: all’incirca trenta chilometri sull’argine, sotto il sole agostano, senza molti ripari e, fino a Castel Bolognese con unici ostacoli l’autostrada e la ferrovia non abbiamo avuto molti problemi.

La partenza

Il paesaggio non offriva tante alternative se non campi coltivati, siepi di canne sulle rive, qualche intrico d’alberi, anfiteatri naturali generati dalle anse del fiume, aironi cinerini in volo, qualche biscia d’acqua strisciante, pochi cacciatori in allenamento coi loro cani e qualche casa a portata di voce. Nel pomeriggio raggiungevamo il campeggio di Riolo Terme, prima tappa per pernottare, dove era prevista, dopo il bagno in piscina e la cena, una lettura dal “Viaggio” di Tonino Guerra da parte dell’attore ravennate Franco Costantini.

Mario Maginot Mazzotti

Alle 9.30 del giorno dopo venerdì 24, una tappa di trasferimento da Riolo all’agriturismo di Mongardino, circa otto chilometri abbastanza agevoli, frammisti di strada asfaltata e sterrata nonché campi coltivati a frutta e passaggi all’interno del fiume. Visti: in località Isola un ponte Bailey, a Borgo Rivola una valle di serre, brulicante di operai marocchini, una cava di ghiaia e una di gesso; poi finalmente il fiume coi suoi passaggi quasi inviolati, da affrontare a prezzo di graffiature e guadi, tra soffici sentieri sabbiosi e più insidiose pozze, assaggiando more di stagione, frutti scordati dalla raccolta (pesche, prugne, uva) e valicando strade, fossati sino all’oasi di Mongardino (ore 12.30), dove ci attendeva un confortevole rifugio: l’agriturismo sulla riva del fiume.

Ponte Bailey, località Isola

Nel pomeriggio, lezione di botanica e morfologia territoriale, tenuta dal botanico Augusto Rinaldi Ceroni e visita al “Cardello”, residenza e museo dello scrittore Alfredo Oriani. Alla sera Beppe Sangiorgi, poeta casolano, ha letto le sue poesie nell’aia dell’agriturismo e le “Belle Bandiere” di Russi hanno presentato, in una incantata atmosfera, lo spettacolo “Ime noghe nema dòbro” davanti a circa cento persone, più qualche centinaio di grilli.
E qui occorre una riflessione sulle emozioni di queste note, non trasmissibili con le parole, ma vissutie interiormente, grazie alla disponibilità di tutti i partecipanti nel dividere impressioni, fatiche, parole, per realizzare qualcosa probabilmente di irripetibile, in luoghi magici dove forse aleggia ancora il mistero delle leggende e delle tradizioni.

Cava di ghiaia

Ancora alle 9.30 di sabato 25 agosto partenza per l’ultima tappa di dieci chilometri verso Palazzuolo, in verità con inizio dalla località di Misileo, mentre il gruppo si arricchiva della presenza di Alessandra e dei ragazzi Miriam e Ruggero, poi sosta di ristoro e conoscenza storica di un vecchio mulino, residenza estiva di amici del gruppo.
Infine il viaggio vero e proprio all’interno del fiume, tra passaggi con l’acqua fino al ginocchio, cascate e cascatelle da superare, a volte con l’aiuto reciproco, sentieri appena tracciati o percorsi ingombri di alberi caduti, rami insidiosi, liane africane, vegetazione subtropicale, tracce ossee di animali, ostacoli di recinti prodotti dall’uomo, chiuse artificiali, belle case di sasso ristrutturate, canaloni di rocce sospese come tetti aerei e ponti simil-tibetani.
L’essenza dell’avventura: perdere la propria dimensione di individui ed entrare a far parte di qualcosa di più ampio, smarrire le proprie certezze per acquisire nuova conoscenza e seguire i propri pensieri verso altre soluzioni. Non si trattava di prova di sopravvivenza: ognuno aveva la possibilità di ritornare alla “civiltà” in poco tempo e i nostri bagagli viaggiavano in auto verso le nostre destinazioni; era solo un’opportunità di vivere situazioni diverse in cui il sentirsi gruppo prevaleva sul singolo individuo e le difficoltà venivano superate assieme.
Poco prima di Palazzuolo, bagno nel fiume e arrivo verso le 17.30 nell’anfiteatro del parco, con tiro alla fune per esorcizzare la corda mai usata e foto di gruppo.
Infine il malinconico defluire verso il campeggio, accompagnati dalla musica degli “Orsi Organisti”, consapevoli che ora il viaggio era finito e i problemi di sempre ci attendevano. Alla sera festa con danze popolari all’interno del campeggio, con il gruppo degli “Orsi Organisti” della scuola di musica popolare di Forlimpopoli, qualche riflessione e qualche rimpianto.

Orsi Organisti

Il giorno dopo, domenica 26, eravamo di riposo a Lozzole, con pranzo all’Agriturismo “Le Panare” gestito dal porcaro medioevale Marco Minardi, nativo di Conselice, la cui cultura “porcocentrica” è notevole e poi visita al suddetto allevamento per vedere i maiali di razza “mora romagnola”, “cinta senese” e altri, dai soprannomi vagamente pellerossa, come “naso che corre” o “carota assassina”, quasi tutti docili e disponibili alle carezze. In un recinto a parte, alcuni cinghiali.
E infine ognuno di noi è tornato al proprio viaggio.
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