Villa Magenta, da Garibaldi a Giuffrè.

Villa Magenta, come la Chiusaccia e come tanti altri luoghi lungo il percorso del Senio che ne hanno segnato la storia. Da Lugo notizie riferite al toponimo assai particolare. Ringrazio Paolo Gagliardi che ci fornisce l’informazione.
Da cosa nasce il toponimo Villa Magenta? Da tempo alcuni storici lughesi sono impegnati sul quesito e questo è l’ultimo aggiornamento di Claudio Gagliardi.
Sul toponimo “Villa Magenta”
Un volontario garibaldino di Lugo, forse inquadrato nei “Cacciatori delle Alpi”, partecipa alle battaglie della Seconda Guerra di Indipendenza e in particolare a quella di Magenta (4 giugno 1859), dove si batte con onore, rimane ferito e torna a casa vivo ma con una menomazione permanente alla deambulazione. Alla fine della guerra, dopo l’annessione della Romagna al Regno d’Italia (1860), il governo assegna al nostro eroe una casa e un modesto triangolo di terra da coltivare, posto tra il fiume Senio e la ferrovia Ravenna – Castel Bolognese in costruzione (sarà poi inaugurata il 23 agosto 1863).
Il garibaldino, che doveva essere una testa un po’ calda, esaltato per il suo passato, dipinge i muri della casa di rosso magenta e la definisce “Villa Magenta”. Tutti parlano della storia di quel soldato e quel nome diventa l’individuazione più facile del luogo dove abita il garibaldino.
Fenati Antonio (1860 – 1945) ha 4 figli e rimane vedovo nel 1899. Sua madre Liduina Savini (1832 – 1920) rimasta pure lei vedova di Fenati Remigio nel 1903; dopo aver retto da sola con polso fermo la famiglia patriarcale per diversi anni, decide di sistemare i figli man mano che si sposano o che si presenta qualche opportunità. Così negli anni 1911-1912 cerca una sistemazione per Antonio e la trova con l’acquisto della casa e del podere del Garibaldino.
Antonio vi si trasferisce con i suoi 4 figli e subito cerca di allargare le sue possibilità di guadagno per poter mantenere la famiglia perché il campo è troppo piccolo. Così nel 1914 egli acquista da una vedova la licenza per la vendita di “Sali e Tabacchi” e vi aggiunge la licenza per la mescita di vini e per la vendita di generi alimentari. Utilizzando un locale della sua abitazione lungo l’allora via Alberico da Barbiano (attuale via Piratello), ai piedi della vecchia salita per il ponte sul Senio, apre l’osteria che poi prende il nome di “Villa Magenta”.
L’esercizio dell’osteria riscuote un buon successo perché non c’è altro locale pubblico tra Lugo e Bagnacavallo e la proverbiale disponibilità della famiglia a preparare pasti a base di carne ai ferri e di salumi trova molti estimatori tra i mercanti e i birocciai che percorrono quella strada.
Poi scoppia la prima guerra mondiale e un gruppo di soldati durante un acquartieramento di retrovia, lascia un disegno-graffito su una parete interna della stalla in segno di gratitudine per l’accoglienza e il trattamento ricevuto. Il graffito, eseguito con cura e con una buona capacità figurativa, rappresenta un paesaggio pianeggiante attraversato da un corso d’acqua fiancheggiato da betulle; il tutto sovrastato dalla dedica: “A Villa Magenta a perenne ricordo”.
Questo diventa poi il nome dell’osteria scritto a grandi lettere sulla facciata della casa. Le pareti sono sempre di color rosso magenta, come lo aveva voluto il nostro Garibaldino, e un po’ sbiadito dal tempo, come ancora ricordano i pronipoti.
La vecchia osteria di Villa Magenta chiude nel 1930, quando viene inaugurata la nuova strada, ora statale, che dal ponte sul Senio punta direttamente verso Lugo, il ché fa sì che la vecchia casa rimanga tagliata fuori dal transito di veicoli e pedoni.
L’osteria riapre lungo la nuova strada statale conservando il nome, gestita fino al primo dopo guerra da nipoti di Antonio, poi passa varie volte di proprietà con alterne fortune. Si ricorda un periodo di grande successo quando negli anni ’50 vi si apre una pista da ballo che attira molti avventori e anche molti curiosi, al punto che il sabato sera a volte devono intervenire i Carabinieri per contenere la ressa di chi vuole solo ascoltare la musica stando sulla strada.
Un secondo periodo d’oro si ha negli anni 60 quando la gente si affolla nell’osteria per vedere in TV la trasmissione “Lascia o Raddoppia”.
Poi un graduale declino ne riduce la popolarità. Intanto il mondo e la gente attorno a Villa Magenta sono completamente cambiati, l’osteria non attira più e i gestori non riescono a trasformarla per rimetterla al passo con i tempi.
Rimane quello strano toponimo di cui molti non conoscono l’origine e che conserva il fascino di una società di 100 anni fa che sa di favola. (Claudio Gagliardi)

Ndr. Aggiungo alle info di Claudio Gagliardi che le mie reminescenze lughesi dicono che Villa Magenta, nel corso degli anni cinquanta era uno dei luoghi in cui Giovanni Battista Giuffrè, il banchiere di Dio, riceveva i clienti sottoscrittori di quote di denaro al quale prometteva interessi dal 70 al 100%. La truffa fu presto scoperta e Giuffrè morì in miseria. Particolarmente frodati i frati cappuccini (ma forse non tutti).

Foto: Raccolta di erbe sul Senio nei pressi di Villa Magenta (2019)

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